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Quali sono le novità per le pensioni anticipate nel 2026?

Emilia Montanari
Emilia Montanari
2025-08-12 12:52:31
Numero di risposte : 14
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L’Opzione Donna, nella sua versione originaria introdotta dalla Legge 243 del 2004, ha rappresentato per molti anni una possibilità concreta per le lavoratrici di uscire in anticipo dal lavoro, a fronte di un trattamento previdenziale meno generoso. Bastava avere 58 anni di età e almeno 35 anni di contributi, requisiti che dovevano essere maturati entro il 31 dicembre dell’anno precedente alla domanda. Con l’ultima Legge di Bilancio, però, la misura è stata profondamente trasformata. Dal 2024 possono accedervi solo quattro categorie: donne invalide almeno al 74%, caregiver familiari, lavoratrici licenziate o dipendenti di aziende in crisi. I nuovi requisiti prevedono anche un innalzamento dell’età anagrafica a 61 anni, con riduzioni possibili per chi ha figli. Il futuro della misura, inoltre, è tutt’altro che certo, considerando che si tratta di uno strumento sperimentale, il cui rinnovo dipenderà dalle scelte politiche del governo nella prossima legge finanziaria. Anche se venisse prorogata, si dovrebbero comunque rispettare i requisiti entro il 31 dicembre 2025, e in base alla normativa attuale, la lettrice risulterebbe ancora esclusa. Inoltre, si fa strada l’ipotesi di ulteriori restrizioni nella prossima manovra economica, rendendo il quadro ancora più incerto per le lavoratrici che intendono fare affidamento su questa misura. C’è però un’ultima possibilità che merita di essere considerata: il principio della cristallizzazione del diritto. Questo meccanismo tutela le lavoratrici che hanno maturato i requisiti entro una certa data, anche se la misura è poi stata modificata o limitata. In pratica, chi aveva già raggiunto i 58 anni di età e i 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2022 può ancora accedere all’Opzione Donna con le regole precedenti, anche se oggi non appartiene alle categorie ristrette della nuova versione.
Mirella Martino
Mirella Martino
2025-08-05 22:33:43
Numero di risposte : 17
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Nel 2026 potrebbero cambiare le regole sulle pensioni, con l’addio a Quota 103, più contributi richiesti e età in aumento. Il sistema si muove verso formule più restrittive, legate al contributivo puro e ai nuovi requisiti Istat. L’adeguamento automatico dell’età pensionabile alla speranza di vita, che rischia di rendere ancora più difficile il pensionamento anticipato. Quota 103 ha rappresentato un’opportunità per molti lavoratori: pensione a 62 anni con 41 anni di contributi. Ma la sua validità è a tempo. Dal 2026, è attesa la cancellazione definitiva della misura e l’introduzione di un modello più selettivo, basato sul regime contributivo puro. La nuova ipotesi prevede: uscita a 64 anni con 25 anni di contributi minimi; destinata a chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995; assegno pari ad almeno 3 volte l’assegno sociale; calcolo interamente contributivo. Secondo le prime stime, dal 2030 i requisiti si inaspriranno ulteriormente: si ipotizzano 30 anni di contribuzione e un assegno pari a 3,2 volte quello sociale. Accanto alla revisione dei meccanismi di uscita anticipata, si profila un altro cambiamento rilevante: l’innalzamento dell’età pensionabile. Il calcolo è legato ai dati sulla speranza di vita, che l’Istat ufficializzerà a luglio 2025. Se non interverrà un blocco politico, dal 2027 si avrà: 67 anni e 3 mesi per la pensione di vecchiaia; 43 anni e 1 mese di contributi per gli uomini (pensione anticipata); 42 anni e 1 mese per le donne. Intanto, i dati parlano chiaro: nel primo trimestre del 2025, le pensioni anticipate sono diminuite del 23% rispetto allo stesso periodo del 2024.
Karim Negri
Karim Negri
2025-07-28 10:45:07
Numero di risposte : 17
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Nel 2026 potremmo dire addio a Quota 103, la misura che finora permetteva di andare in pensione con 62 anni di età e 41 anni di contributi. La riforma pensionistica sarà uno dei pilastri della prossima Legge di Bilancio, anche in vista dell’aumento automatico dell’età pensionabile previsto dal 2027. L’obiettivo è quello di garantire più flessibilità ai lavoratori, evitando allo stesso tempo un’impennata di costi che lo Stato non potrebbe sostenere. Estendere la pensione anticipata con 41 anni di contributi a tutti i lavoratori costerebbe tra i 4 e i 5 miliardi di euro l’anno, una cifra incompatibile con gli equilibri della finanza pubblica. È proprio per questo che si sta ragionando su una versione più “soft” della misura, chiamata Quota 41 flessibile, in cui si manterrebbe il requisito dei 41 anni di contributi, ma con paletti sull’età anagrafica e penalizzazioni sull’importo della pensione. Con la nuova Quota 41 flessibile, invece, si allargherebbe la platea dei beneficiari. Secondo quanto trapelato, potrebbero accedervi anche i lavoratori contributivi puri, ma a una condizione fondamentale: aver compiuto almeno 62 anni di età. In pratica, per chi non rientra nelle categorie protette, l’accesso anticipato con 41 anni di contributi non sarà più automatico, ma subordinato a questo nuovo requisito anagrafico. Una delle differenze principali rispetto alla vecchia Quota 103 riguarda proprio la penalizzazione sull’assegno pensionistico. Con Quota 41 flessibile, invece, non ci sarebbe più il ricalcolo totale, ma una riduzione più contenuta, fissata al 2% per ogni anno di anticipo rispetto all’età pensionabile ordinaria. Chi ha un indicatore ISEE inferiore a 35.000 euro annui, potrebbe essere escluso dalla penalizzazione, ottenendo così una pensione piena nonostante l’uscita anticipata. Per ora, Quota 41 flessibile è una proposta ancora in fase di studio, che potrebbe essere inserita nella Legge di Bilancio 2026. Tuttavia, una cosa è certa: Quota 103 è destinata a sparire e, senza una nuova misura alternativa, il rischio è che l’età per andare in pensione aumenti ancora, penalizzando milioni di lavoratori.