Cosa cambia per le associazioni no profit?

Cosetta Greco
2025-07-22 13:58:10
Numero di risposte
: 11
Dal 1° gennaio 2025, salvo ulteriori proroghe o rettifiche normative, tutte le associazioni di qualsiasi tipologia - indipendentemente dal volume della propria attività e dalla loro iscrizione al RUNTS - avranno l'obbligo di apertura Partita IVA, fatturazione, registrazione delle proprie fatture e gestione della contabilità. Tutti gli enti associativi, sportivi, non commerciali e associazioni culturali generiche, iscritte al RUNTS e non, dovranno quindi attrezzarsi per affrontare il passaggio dall’attuale regime di esclusione IVA al regime di esenzione IVA. Non sarà più possibile perciò rilasciare semplici ricevute non fiscali a fronte delle entrate da corrispettivi specifici, ma sarà necessario emettere fattura. Agli enti verrà chiesto di emettere fattura elettronica – seppur esente da IVA – nei confronti dei loro soci a fronte del pagamento di corrispettivi specifici, di contributi e di quote supplementari. In alternativa, potranno dotarsi di un registratore di cassa ed emettere scontrini fiscali, sempre in condizione di esenzione IVA. La normativa interesserà tutte le associazioni che svolgono attività economiche, le attività no profit e gli enti del Terzo Settore, indipendentemente dal volume delle proprie entrate o dalla loro iscrizione al RUNTS. L'adeguamento alla nuova normativa prevede apertura di Partita Iva e modifica dei propri statuti anche se le proprie attività economiche sono connesse alle attività istituzionali. In generale, le associazioni interessate sono quelle: Sportive dilettantistiche Religiose Assistenziali Culturali Politiche Sindacali Di categoria Di promozione sociale Di formazione extrascolastica Che somministrano alimenti e bevande.

Rosanna Rizzo
2025-07-10 14:51:03
Numero di risposte
: 12
Per le associazioni no profit, la riforma rappresenta un’occasione per essere riconosciute come attori centrali nella vita culturale del Paese, accedendo finalmente a un quadro normativo chiaro, stabile e favorevole.
Chi non si iscriverà al RUNTS e non si conformerà alle regole previste per gli ETS, perderà ogni agevolazione fiscale e civilistica prevista dal Codice.
Le attività eventualmente svolte – soprattutto se a pagamento – verranno trattate come attività commerciali a tutti gli effetti, con tutti gli obblighi connessi: partita IVA, contabilità, tassazione ordinaria, regole igienico-sanitarie, licenze, SIAE, SCIA e così via.
Inoltre, gli enti che continueranno a operare con statuti non aggiornati, ma svolgendo attività a scopo di lucro sotto forma associativa, potranno essere oggetto di controlli fiscali e accertamenti, anche retroattivi.
Il rischio non è solo economico, ma anche reputazionale.
Chi fa cultura in modo coerente con i principi del Codice può valutare serenamente l’iscrizione al RUNTS, scegliendo la qualifica di Associazione di Promozione Sociale (APS) se ne ricorrono i requisiti, o in alternativa rientrare nella categoria generica degli ETS non commerciali.
L’accesso a forme di fiscalità agevolata, contributi pubblici, 5×1000 e altri strumenti di sostegno può rappresentare un’opportunità concreta per consolidare e far crescere le proprie attività.
Per chi invece intende continuare con attività prevalentemente lucrative, la strada è un’altra: trasformarsi in impresa vera e propria aprire partita IVA, adottare un assetto commerciale trasparente.
In certi casi, potrebbe persino essere preferibile.
Nessun divieto di fare business, ma chiarezza tra cosa è Terzo Settore e cosa no.
Il tempo c’è, ma non è eterno.
Le nuove regole entreranno in vigore dal 1° gennaio 2026: chi è dentro, è dentro.
Chi resta fuori, cambia gioco.
In conclusione, per tutte le associazioni culturali – quelle vere e quelle che dovranno ammettere che la loro vocazione non è proprio culturale – è tempo di decidere.
Non per forza tutti devono entrare nel Terzo Settore, ma tutti dovranno prendere una direzione chiara, con consapevolezza.
La stagione della finzione è finita.
Inizia quella della scelta.

Leonardo Gatti
2025-07-10 13:04:01
Numero di risposte
: 13
Gli enti non profit in molti casi, in assenza di un quadro dedicato, sono stati regolamentati applicando le stesse regole delle imprese for profit, creando disallineamenti e inefficienze. Con l’approvazione delle nuove misure si riconosce la specificità e l’importanza del terzo settore. In più, aiuteranno concretamente le attività degli enti non profit, garantendo che i ricavi restino a sostegno delle loro finalità e non vengano distribuiti. La riforma introdotta dal decreto legislativo 117 del 2017 ha disciplinato il mondo del no profit con una normativa completa e con diversi nuovi adempimenti, quali, ad esempio l’obbligo di depositare lo statuto e i bilanci. Gli enti che hanno espresso maggior preoccupazione, fa sapere il consigliere, sono le Onlus che dovranno adeguarsi al nuovo regime previsto, effettuando la transizione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (Runts) per continuare a beneficiare delle agevolazioni fiscali previste. Ciascuna Onlus deve retrospettivamente analizzare la propria attività passata e guardare anche ai programmi futuri. L’ente, associazione o fondazione, che ad esempio riceve donazioni e liberalità e svolge attività di beneficenza, si iscriverà tra gli enti filantropici o nella categoria residuale degli ets. La onlus invece che svolge attività “commerciale”, ad esempio servizi ai soggetti svantaggiati, è destinata ad acquisire la qualifica di impresa sociale, beneficiando così del regime di favore del D.Lgs 117/2017. Per chi non saprà decidere, le conseguenze sono importanti: l’ente perderà il patrimonio che ha accantonato nella sua attività di onlus. Grazie a questa riforma, gli enti del terzo settore potranno “pianificare con un orizzonte più lungo la propria attività a favore dell’interesse generale della comunità bergamasca”.