Come viene risarcito il danno ambientale?

Monica Pellegrini
2025-08-10 04:46:42
Numero di risposte
: 16
Il danno ambientale viene definito come “compromissione dell’ambiente attraverso un qualsiasi fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge”.
Esso concretamente consiste nel “deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale, da intendersi come lesione o alterazione di un bene giuridico superindividuale collettivo autonomo, che si estrinseca nelle singole risorse naturali che popolano il pianeta e nelle utilità che l’uomo può trarre da esse, e che quindi prescinde dal danno alle singole sfere giuridiche soggettive individuali.
La caratteristica fondamentale del modello di responsabilità per danno ambientale è dato dal fatto che l’obbligo di risarcimento da danno ambientale in capo all’agente che abbia commesso il fatto illecito o che abbia omesso le attività o le misure di prevenzione, si pone come conseguenza non solo di una condotta colposa, ma quale conseguenza di una ulteriore “violazione di legge, di regolamento o di provvedimento amministrativo”.
Il diritto ad intervenire in un giudizio per ottenere il risarcimento da danno ambientale trova fondamento nell’art. 2043 c.c.
In caso di compromissione dell’ambiente a seguito di disastro colposo è risarcibile anche il danno morale soggettivo subito da chi abita o lavora in un certo contesto, purché si dia prova in concreto di aver subito un turbamento psichico di natura transitoria a causa dell’esposizione a sostanze inquinanti e alle conseguenti limitazioni al normale svolgimento della vita.
La competenza a esperire l’azione risarcitoria è riservata in maniera esclusiva allo Stato nella persona del Ministero dell’Ambiente.
Il settimo comma dell’art. 317 del D.lgs 152/2006 ha riconosciuto il diritto dei soggetti danneggiati da un fatto produttivo del danno ambientale, di agire in giudizio nei confronti del responsabile del danno a tutela dei diritti e degli interessi lesi.

Danny Lombardo
2025-07-27 02:20:51
Numero di risposte
: 18
Il risarcimento debba avvenire tramite misure riparatorie anziché con denaro e che queste misure rispettino linee guida per proteggere la salute pubblica, mantenendo un rapporto equilibrato tra costi e benefici.
Il Codice dell’ambiente identifica chiaramente le responsabilità dei vari attori coinvolti, come il Ministero dell’Ambiente, le autorità locali e le società interessate, al fine di garantire una gestione efficace e responsabile delle risorse ambientali prevalentemente in termini di: prevenzione, risarcimento, ripristino.
Non sempre è possibile identificare un responsabile, o può accadere che quest’ultimo non abbia le risorse finanziarie per coprire i danni ambientali.
Per questo motivo, quando l’oggetto danneggiato ha un alto valore, il Ministero dell’Ambiente si incarica di coprire le spese necessarie, con il diritto di ottenere un risarcimento dai responsabili entro cinque anni dal pagamento.
In aggiunta, il Ministero ha l’autorità di imporre sanzioni immediate in caso di danni ambientali.
L’Unione europea, tramite la direttiva 2004/35/UE, ha stabilito un quadro normativo che si basa sul principio del “chi inquina paga”.
L’approccio italiano privilegia il ripristino ambientale con azioni dirette anziché la mera compensazione economica, riconoscendo il valore intrinseco dell’ambiente e l’importanza di preservarlo.

Emidio Bianco
2025-07-27 00:43:48
Numero di risposte
: 19
Il ministero dell’Ambiente è l’unico legittimato a domandare il risarcimento per il danno ambientale in sé considerato. La Cassazione boccia perciò la sentenza di merito di appello che aveva riconosciuto il risarcimento dei danni a dei privati sulla base dell’affermazione che era stato violato il loro «diritto al godimento di una natura libera e incontaminata oltre che alla visuale del paesaggio violato». Ma tale diritto è appunto di rilevanza generale tale da vedere titolare del diritto al risarcimento – in base al principio “chi inquina paga” – soltanto lo Stato. Quella che obbliga a risarcire lo Stato per l’ambiente danneggiato, realizzando un’eccezione alla funzione compensativa del risarcimento, è responsabilità di natura extracontrattuale derivante dalla violazione di una norma di legge. L’eventuale disagio per la natura “rovinata” può essere percepito da chiunque, anche lontano da quei luoghi. Per cui l’ampiezza ipotetica della platea di danneggiati fa sì che il risarcimento vada in capo al soggetto pubblico che tutela gli interessi della collettività. In tali situazioni, quindi, il privato può ottenere un risarcimento per sé solo se dimostra di aver subito – se non un danno patrimoniale – anche un danno morale legato allo stato dei luoghi, magari anche per un breve lasso di tempo. Il danno ambientale ha risvolti pubblici e privati che vanno appunto tenuti distinti per evitare di duplicare le conseguenze di un illecito in tale ambito. Esiste perciò prima di tutto un danno ambientale di natura pubblica che non impedisce però la richiesta di risarcimento da parte di privati o di Regioni e Comuni, se provano l’esistenza di ulteriori danni che verranno riconosciuti in base alle regole della responsabilità civile ex articolo 2043 del Codice civile. Sarà ora il giudice del rinvio a verificare specificamente i danni subiti direttamente dal singolo nella propria sfera privata e la causalità della condotta penalmente rilevante.
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