Chi paga i dipendenti in caso di fallimento?
Luna Costa
2025-10-25 04:21:48
Numero di risposte
: 20
Il lavoratore che non abbia ricevuto dal datore di lavoro fallito la propria retribuzione, ha indiscutibile titolo a vedersi attribuito dal fallimento, non solo la retribuzione omessa -articolata nei modi del caso, oltre a Tfr, indennità sostitutive del preavviso, eccetera-, ma pure la quota di contribuzione posta a proprio carico.
La contribuzione relativa alla parte -la maggiore- posta a carico del datore di lavoro, invece, come noto, non costituisce competenza del lavoratore, bensì degli Istituti di previdenza titolari della medesima.
Qualora non vi sia stata insinuazione al passivo da parte dell’Inps, il curatore – su cui incombe l’onere di coordinare le richieste avanzate dell’Istituto previdenziale con quelle del lavoratore – non può portare in detrazione le trattenute per contributi previdenziali, ma deve riconoscere al lavoratore la retribuzione lorda, salva la possibilità del successivo esercizio del diritto di rivalsa onde evitare il duplice pagamento del medesimo credito.
Dubbi, invece, emergevano quanto al diritto del lavoratore a insinuarsi anche per la parte di contribuzione posta in capo al datore di lavoro, in quanto il lavoratore è soggetto terzo rispetto al rapporto bilaterale tra datore di lavoro e Istituto previdenziale.
Tuttavia, nella circostanza in cui detto Istituto -nel caso considerato dal Tribunale di Milano, si trattava dell’Inps- non si sia insinuato, il lavoratore può richiedere in via prudenziale, l’ammissione al passivo anche per le somme di contribuzione poste a carico del datore di lavoro.
Il lavoratore può richiedere in via prudenziale, l’ammissione al passivo anche per le somme di contribuzione poste a carico del datore di lavoro.
La sentenza n. 15195/2019 afferma che la mancata attività dell’Istituto di previdenza non giustifica il fatto che il curatore fallimentare possa trattenere le somme corrispondenti alla contribuzione dovuta.
Rosa Rizzi
2025-10-25 04:12:56
Numero di risposte
: 23
Entro determinati limiti, è lo Stato (tramite l’INPS) a farsi carico di parte delle retribuzioni spettanti.
Decorsi trenta giorni dall’udienza sopraindicata il lavoratore potrà fare domanda al Fondo di Garanzia dell’INPS per il pagamento del TFR e delle ultime tre mensilità.
L’INPS nei successivi sessanta giorni dalla ricezione della domanda al Fondo di Garanzia provvederà al pagamento.
Nel caso il vostro credito fosse superiore a quanto liquidato dall’INPS?
In tal caso la differenza rimarrà a carico del Fallimento e dovrete quindi sperare che la procedura recuperi sufficienti introiti dai propri creditori al fine di pagare quanto vi è dovuto.
Eleonora Bianco
2025-10-25 03:49:56
Numero di risposte
: 13
Il Fondo di garanzia dell’Inps provvede al pagamento sia del TFR rimasto in azienda sia di quello alla previdenza complementare e non versato dal datore, purché la domanda di intervento sia presentata entro cinque anni decorrenti dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Una volta che il credito è stato inserito nello stato passivo esecutivo è possibile chiedere all’Inps, attraverso il suo Fondo di garanzia, di provvede a pagare al posto del datore di lavoro il trattamento di fine rapporto e le retribuzioni maturate negli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro, nonché i ratei di tredicesima /quattordicesima riferiti alle ultime tre mensilità.
Presentazione della domanda in via telematica all’Inps per la richiesta di liquidazione del tfr e delle ultime tre mensilità al fondo di garanzia;
Non vengono pagati dal Fondo di garanzia l’indennità di mancato preavviso e le competenze di fine rapporto maturate come a titolo esemplificativo le ferie e i rol non goduti, festività non godute.