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Qual è la differenza tra un'azione negatoria e un'azione di rivendicazione?

Felice Bellini
Felice Bellini
2025-07-09 09:15:19
Numero di risposte : 5
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La differenza tra un'azione negatoria e un'azione di rivendicazione della proprietà non è alla mercé di tutti. L'azione negatoria va, dunque, definita come azione reale a carattere negativo e presuppone nell'attore la titolarità del diritto dominicale sulla cosa. Ciò vuol dire che la parte che agisce in negatoria ha l'onere di provare, con ogni mezzo, anche con presunzioni, di possedere un fondo in forza di un valido titolo di acquisto. La differenza con l’azione di rivendicazione Il giudice di merito, nella fattispecie, aveva errato perché decidendo una simile controversia si era affidato ad una regola del tutto difforme, secondo la quale colui che agisce in negatoria è gravato dello stesso onere probatorio che fa capo a colui che agisce in rivendicazione. L'azione negatoria va, quindi, distinta da quella di accertamento della proprietà, perché l'oggetto principale del giudizio, instaurato con tale azione, non è la sussistenza del diritto di proprietà dell'attore, bensì la libertà della cosa dai diritti reali vantati dal convenuto, sia stata o meno, la pretesa di tali diritti, tradotta in atti concreti di molestia o di turbativa che attentino al libero ed esclusivo godimento del titolare.
Dylan Cattaneo
Dylan Cattaneo
2025-07-09 07:02:33
Numero di risposte : 14
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L'azione negatoria servitutis e quella di rivendica si differenziano in quanto l'attore, con la prima, si propone quale proprietario e possessore del fondo, chiedendone il riconoscimento della libertà contro qualsiasi pretesa di terzi. Con la seconda, si afferma proprietario della cosa di cui non ha il possesso, agendo contro chi la detiene per ottenerne, previo riconoscimento del suo diritto, la restituzione. Sotto il profilo probatorio, nel primo caso egli deve dimostrare, con ogni mezzo ed anche in via presuntiva, di possedere il fondo in forza di un titolo valido. Allorché, invece, agisca in rivendica, deve fornire la piena prova della proprietà, dimostrando il suo titolo di acquisto e quello dei suoi danti causa fino ad un acquisto a titolo originario. L'azione di condanna al rilascio di un fondo esercitata dall'attore in base all'esistenza di un proprio titolo di proprietà e all'assenza, per contro, di qualsivoglia titolo che giustifichi il possesso o la detenzione del medesimo bene da parte del convenuto, va qualificata come azione di rivendica, ai sensi dell'art. 948 c.c. Nel caso in esame, l'attore aveva chiesto l'accertamento del suo diritto di proprietà e, in subordine il riconoscimento dell'avvenuto acquisto per usucapione oltre al rilascio dell'area in contestazione. Conseguentemente egli doveva dare la prova rigorosa della proprietà e non poteva avvalersi del solo titolo di acquisto o di ogni altro mezzo di prova, comprese le presunzioni.
Zelida Ferrari
Zelida Ferrari
2025-07-09 04:40:06
Numero di risposte : 6
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L’azione di rivendicazione è esperibile da colui il quale si affermi proprietario di un bene al fine di ottenere da un lato l’accertamento del suo diritto di proprietà sul bene stesso, e dall’altro la condanna di chi lo possiede o lo detiene alla sua restituzione. L’azione negatoria è concessa, invece, al proprietario cartolare di un bene al fine di ottenere l’accertamento dell’inesistenza di diritti reali vantati da terzi sul bene stesso, oltreché la condanna alla cessazione delle eventuali molestie e turbative ed al risarcimento del danno. Quella di rivendicazione è un’azione molto complessa in termini di istruttoria processuale, e ciò in quanto la giurisprudenza maggioritaria è ormai unanime nel ritenere che colui il quale intenda avvalersene ha il rigoroso onere di fornire la cd. probatio diabolica del proprio diritto mediante la produzione in giudizio di tutti gli atti di acquisto dei propri danti causa, sino ad arrivare, risalendo nel tempo, a colui il quale ha acquistato a titolo originario. Di contro l’azione negatoria, che può essere esperita solo nel caso in cui il proprietario cartolare del bene ne abbia ancora il possesso e/o la detenzione, contempla un onere probatorio molto più attenuato rispetto a quello previsto per l’azione di rivendicazione. La titolarità del bene si pone come requisito di legittimazione attiva e non come oggetto della controversia, sicché la parte che agisce in giudizio per far accertare l’inesistenza dell’altrui diritto di servitù su un fondo del quale affermi di essere il proprietario ha l’onere non già di fornire, come nell’azione di revindica, la prova rigorosa della proprietà del fondo, ma di dimostrare, con ogni mezzo e anche in via presuntiva, di possederlo in forza di un valido titolo.