Cosa succede se una ditta individuale fallisce?
Artemide De luca
2025-08-07 04:53:23
Numero di risposte
: 24
Il fallimento, nell’ordinamento giuridico italiano, è una procedura concorsuale liquidatoria, a cui si può ricorrere in presenza di determinati requisiti.
Essa coinvolge l’imprenditore commerciale con l’intero patrimonio e i suoi creditori.
Tale procedura è diretta all’accertamento dello stato di insolvenza dell’imprenditore, all’accertamento dei crediti vantati nei suoi confronti e alla loro successiva liquidazione secondo il criterio della par condicio creditorum, tenendo conto delle cause legittime di prelazione.
Per essere sottoposta a fallimento l’impresa deve avere le seguenti peculiarità: occuparsi di produzione di beni o servizi; occuparsi di intermediazione nella circolazione dei beni; occuparsi di trasporto per terra, acqua e aria; occuparsi di banche e assicurazioni; occuparsi di attività ausiliarie delle precedenti.
Un’impresa, per essere potenzialmente dichiarata fallita, deve trovarsi in uno stato di insolvenza.
Lo stato di insolvenza, secondo la definizione che si ricava dall’articolo 5 della legge fallimentare, è quella situazione in cui “l’imprenditore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni nei confronti dei creditori e che si manifesta con inadempimenti o con altri fatti esteriori”.
La ditta no può presentare l’istanza di fallimento “nel caso in cui l’ammontare di debiti, anche non scaduti, non sia superiore a 500 mila euro, oppure nel caso in cui abbia avuto, nei tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento, un attivo patrimoniale complessivo annuo non superiore a euro 300.000, oppure abbia avuto dei ricavi lordi complessivi annui non superiori a 200 mila euro”.
Davide Rossi
2025-07-28 15:49:12
Numero di risposte
: 29
Per l’imprenditore fallito le conseguenze economiche possono essere importanti: con la dichiarazione di fallimento, infatti, il patrimonio dell’impresa viene destinato a coprire i debiti. Se si tratta di una ditta individuale, anche i beni personali dell’imprenditore possono essere aggrediti dai creditori. Una volta dichiarato il fallimento, viene nominato un curatore fallimentare, il quale ha il compito di gestire la liquidazione del patrimonio per saldare, almeno parzialmente, i creditori. L’imprenditore perde così la disponibilità e il controllo del proprio patrimonio. Infine, i conti correnti dell’imprenditore fallito vengono bloccati, impedendo la gestione autonoma delle proprie risorse finanziarie.
Le ripercussioni legali del fallimento possono essere significative, in quanto l’ordinamento italiano considera il fallimento non solo come una situazione finanziaria, ma anche come un potenziale abuso da parte dell’imprenditore.
Per l’imprenditore fallito le conseguenze legali principali sono le seguenti: inabilitazione: con il fallimento, l’impenditore perde la capacità di assumere cariche pubbliche, come quella di amministratore di altre società, fino alla fine della procedura fallimentare.
In molti casi, la ripresa di una nuova carriera imprenditoriale diventa complessa e richiede un percorso di riabilitazione.
La riabilitazione consente all’imprenditore di riacquisire la capacità di svolgere attività commerciali e di essere riammesso a ricoprire cariche societarie.
Tuttavia, questo processo non è immediato.
Per ottenere la riabilitazione, l’imprenditore deve dimostrare di aver pagato tutti i creditori, o che gli stessi abbiano rinunciato alle proprie pretese, oppure che sia trascorso un determinato periodo senza che siano state contestate irregolarità.
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