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Cosa succede se un dipendente non firma la lettera di licenziamento?

Giacomo Rinaldi
Giacomo Rinaldi
2025-09-05 23:09:13
Numero di risposte : 28
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Il datore di lavoro, infatti, è tenuto a comunicare per iscritto il licenziamento al lavoratore e a specificare, nella comunicazione stessa, i motivi che hanno determinato il recesso. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito sin dai primi arresti che in tema di consegna dell’atto di licenziamento nell’ambito del luogo di lavoro, il rifiuto del destinatario di riceverlo non esclude che la comunicazione debba ritenersi regolarmente avvenuta. Chiarito quindi che il rifiuto del lavoratore di ricevere la comunicazione non incide rispetto al perfezionamento del recesso datoriale, il problema da porsi ora attiene alla prova dell’avvenuta comunicazione, fermo restando che essa grava sul datore di lavoro. Pertanto, la comunicazione scritta di licenziamento ben può essere consegnata al destinatario tramite persona incaricata dal datore di lavoro, la quale potrà poi essere assunta come teste nell’eventuale giudizio di impugnazione al fine di provare l’avvenuta consegna. Prudenzialmente, quindi, nel timore che il dipendente possa rifiutare di ricevere la lettera di licenziamento, il datore di lavoro può predisporre in calce al documento, oltre alla firma per presa visione del dipendente, anche una sottoscrizione di un altro dipendente che attesti l’avvenuta consegna. A tal proposito, si ricorda che il rifiuto di ricevere una comunicazione, anche formale, sul posto di lavoro ha rilevanza disciplinare e può pertanto essere oggetto di contestazione.
Sarah Colombo
Sarah Colombo
2025-09-01 19:41:41
Numero di risposte : 22
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La produzione in giudizio di una lettera di licenziamento priva di sottoscrizione alcuna o munita di sottoscrizione proveniente da persona diversa dalla parte che avrebbe dovuto sottoscriverla equivale a sottoscrizione, purché tale produzione avvenga ad opera della parte stessa nel giudizio pendente nei confronti del destinatario della lettera di licenziamento. Nel caso de quo una lavoratrice, soccombente in primo e in secondo grado, ricorreva alla Suprema Corte avverso la sentenza che confermava la legittimità del suo licenziamento, deducendo che la lettera di licenziamento, prodotta in sede di merito dalla controricorrente e su cui figurava l'apparente firma dell'allora rappresentante legale della società, fosse in realtà priva di firma, pertanto da considerare atto inesistente, non convalidabile né tantomeno ratificabile. La tesi della ricorrente muoveva dalla testimonianza della legale rappresentante della società che, interrogata come teste dalla Corte, aveva negato di aver firmato la lettera. La Suprema Corte rigettava il ricorso ed argomentava la decisione ribadendo un costante insegnamento giurisprudenziale secondo cui la produzione in giudizio di una scrittura privata ad substantiam, seppur priva della firma di chi avrebbe dovuto sottoscriverla, equivale a sottoscrizione qualora sia prodotta in giudizio dalla parte stessa, ove si tratti di atto recettizio.
Leone Galli
Leone Galli
2025-08-19 18:19:39
Numero di risposte : 24
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Il principio secondo cui, anche al di fuori dell'ambito di operatività dell'art. 138, secondo comma, c.p.c., il rifiuto del destinatario di un atto unilaterale recettizio di ricevere lo stesso non esclude che la comunicazione debba ritenersi avvenuta e produca i relativi effetti, ha un ambito di validità determinato dal concorrente operare del principio secondo cui non esiste, in termini generale e incondizionati, l'obbligo, o l'onere, del soggetto giuridico di ricevere comunicazioni e, in particolare, di accettare la consegna di comunicazioni scritte da parte di chicchessia e in qualunque situazione. In particolare, nel rapporto di lavoro subordinato è configurabile in linea di massima l'obbligo del lavoratore di ricevere comunicazioni, anche formali, sul posto di lavoro e durante l'orario di lavoro, in dipendenza del potere direttivo e disciplinare al quale egli è sottoposto. La mancata sottoscrizione della lettera di licenziamento consegnata a mano al lavoratore e da quest'ultimo riconosciuta come atto riferibile al datore di lavoro, al punto da avere impugnato il licenziamento, non è causa di inesistenza/inefficacia dello stesso. Non può invocare il difetto di forma scritta del recesso e l'applicabilità della sanzione dell'inefficacia comminata dall'art. 2, per il caso di licenziamento orale, il lavoratore il quale rifiuti di accettare la lettera di licenziamento che il datore di lavoro abbia tentato di consegnargli in azienda durante l'orario di servizio. Secondo un principio fondamentale del nostro ordinamento, desumibile dalle norme sulla mora credendi, nonché dall'art. 1335 c.c. e dall'art. 138 c.p.c., il rifiuto di una prestazione da parte del destinatario non può risolversi a danno dell'obbligato. Per cui anche il rifiuto di ricevere l'atto scritto di licenziamento non impedisce il perfezionarsi della relativa comunicazione.
Jari Bellini
Jari Bellini
2025-08-14 01:25:55
Numero di risposte : 22
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Attenzione però è bene fare chiarezza: questa premessa non significa che per il dipendente è sufficiente rifiutare di ritirare la raccomandata, ignorandone la giacenza, o di firmare la lettera di licenziamento per evitarne gli effetti. Il lavoratore, se la lettera viene consegnata durante l’orario di lavoro, non ha il diritto di non firmare. Se il destinatario si rende irreperibile la notifica si perfeziona comunque alla scadenza al termine del periodo di giacenza.
Veronica Fiore
Veronica Fiore
2025-08-11 17:20:44
Numero di risposte : 15
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Il licenziamento di un dipendente, per essere valido ed efficace, deve rispettare determinati criteri fissati dalla legge. Tra questi non vi è però, come stabilito da una recente sentenza della Corte di Cassazione, l’obbligo della firma della lettera da parte dell’amministratore della società. In assenza di firma autografa il vizio di forma esiste, ma può essere facilmente sanato. La lettera di licenziamento che manca di firma Nel caso di specie, una lavoratrice proponeva ricorso in Cassazione contro il licenziamento intimatole da una società di Torino. La Suprema Corte ha definitivamente respinto le richieste della dipendente, stabilendo che la lettera di licenziamento, seppur mancante di firma autografa della datrice di lavoro, è valida e non può essere contestata. La produzione in giudizio di una scrittura privata ha l’effetto di sanare l’eventuale vizio di forma determinato dalla mancata sottoscrizione autografa. Questo a condizione che tale produzione in giudizio avvenga ad opera del soggetto che aveva il potere di firma e nei confronti del destinatario della lettera. La Cassazione basa tale giudizio su una lettura dell’art. 2702 del Codice civile, che regola la scrittura privata e stabilisce che essa ha pieno carattere di prova nel momento in cui la sottoscrizione è considerata legalmente riconosciuta.
Michela Monti
Michela Monti
2025-07-28 23:19:11
Numero di risposte : 26
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E se il lavoratore rifiuta la lettera di licenziamento? Non esistono disposizioni specifiche per questa evenienza, pertanto occorre affidarsi alle decisioni dei giudici. La giurisprudenza ha chiarito che in tema di consegna dell’atto di licenziamento nell’ambito del luogo di lavoro, il rifiuto del destinatario di riceverlo non esclude che la comunicazione debba ritenersi regolarmente avvenuta, trattandosi di un atto unilaterale recettizio che non sfugge al principio generale per cui il rifiuto della prestazione da parte del destinatario non può risolversi a danno dell’obbligato, ed alla regola della presunzione di conoscenza dell’atto desumibile dall’art. 1335 c.c. Di conseguenza, la questione si concentra sul dimostrare l’avvenuta comunicazione, fermo restando che essa spetta sempre al datore di lavoro. Alla luce di ciò, nel timore che il dipendente possa rifiutarsi di ricevere una lettera di licenziamento, il datore di lavoro può predisporre in calce al documento anche una sottoscrizione di un altro dipendente che attesti l’avvenuta consegna. La Suprema Corte ha ritenuto valida la testimonianza relativa alla consegna a mani della lettera e il rifiuto del lavoratore di riceverla. Pertanto, la comunicazione scritta di licenziamento può essere consegnata al destinatario tramite persona incaricata dal datore di lavoro, che potrà poi essere assunta come teste nell’eventuale giudizio di impugnazione al fine di provare l’avvenuta consegna.
Dino Sorrentino
Dino Sorrentino
2025-07-28 22:32:14
Numero di risposte : 30
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Un licenziamento comunicato da un soggetto privo dei necessari poteri è inizialmente inefficace, ma può diventare valido retroattivamente attraverso una ratifica effettuata dal datore stesso. Il datore di lavoro, sia che si tratti di una persona fisica, sia di una persona giuridica, ha il diritto di risolvere un rapporto di lavoro e può delegare tale potere a un altro soggetto. La lettera di licenziamento può essere consegnata al lavoratore anche tramite un intermediario incaricato dal datore di lavoro. La Legge del 15 luglio 1966, n. 604, stabilisce che il licenziamento deve essere comunicato per iscritto, a pena di nullità. La tesi prevalente è che il licenziamento intimato da un soggetto privo del potere non è nullo, ma solo annullabile a istanza del soggetto legittimato a compiere l’atto. Quindi, l’atto compiuto da un soggetto che non sia stato investito di tale potere può essere ratificato dal datore di lavoro nella stessa forma prevista per l’atto da ratificare, ossia in forma scritta, con effetto retroattivo. Pertanto, se il dipendente non firma la lettera di licenziamento, il licenziamento può comunque essere valido se il datore di lavoro lo ratifica successivamente.