Il licenziamento orale è nullo?

Fausto Lombardi
2025-07-29 00:08:44
Numero di risposte
: 14
Il lavoratore subordinato che impugni un licenziamento allegando che è stato intimato senza l'osservanza della forma prescritta ha l'onere di provare, quale fatto costitutivo della sua domanda, che la risoluzione del rapporto di lavoro è ascrivibile alla volontà del datore di lavoro, anche se manifestata con comportamenti concludenti.
La mera cessazione nell'esecuzione delle prestazioni non è circostanza di per sé sola idonea a fornire tale prova.
Ove il datore di lavoro eccepisca che il rapporto si è risolto per le dimissioni del lavoratore, il giudice sarà chiamato a ricostruire i fatti con indagine rigorosa - anche avvalendosi dell'esercizio dei poteri istruttori d'ufficio ex art. 421 c.p.c. - e solo nel caso perduri l'incertezza probatoria farà applicazione della regola residuale desumibile dall'art. 2697, co. 1, cod. civ., rigettando la domanda del lavoratore che non ha provato il fatto costitutivo della sua pretesa.
Secondo la Corte quindi il ricorso della società va accolto in quanto il lavoratore nel caso di incertezza circa la causa della fine del rapporto, doveva provarne l’esistenza atteso che se non fornisce la prova circa la volontà del datore di recedere dal rapporto, non si può parlare di licenziamento orale in quanto l’interruzione delle prestazioni potrebbe essere anche la conseguenza di dimissioni.
Chi impugna un licenziamento deducendo che esso si è realizzato senza il rispetto della forma prescritta ha l'onere di provare, oltre la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, il fatto costitutivo della sua domanda rappresentato dalla manifestazione di detta volontà datoriale, anche se realizzata con comportamenti concludenti.
Tale identificazione del fatto costitutivo della domanda del lavoratore prescinde dalle difese del convenuto datore di lavoro, anche perché questi può risultare contumace, ed il conseguente onere probatorio è ripartito sulla base del fondamentale canone dettato dall'art. 2697, co. 1,c.c., secondo cui "chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento".

Isabel Marino
2025-07-28 21:25:01
Numero di risposte
: 21
È valido il licenziamento comunicato a voce.
No, anzi non interrompe il rapporto e il lavoratrice continua a maturare le retribuzioni.
La Corte d’Appello Sez. Lavoro di Venezia decideva ribaltando totalmente la decisione di primo grado: riaffermava l’assoluta importanza della forma scritta del licenziamento, in assenza della quale non può nemmeno decorrere il termine di decadenza per l’impugnazione.
L’azione per far valere l’inefficacia del licenziamento verbale non è subordinata, anche a seguito delle modifiche all’art. 6 della l. n. 604 del 1966 apportate dall’art. 32 della l. n. 183 del 2010, all’impugnazione stragiudiziale, mancando l’atto scritto da cui la norma fa decorrere il termine di decadenza.
La Corte d’Appello dichiarava pertanto il licenziamento intimato privo di validi effetti, condannava il datore a reintegrare la lavoratrice e a corrisponderle tutte le retribuzioni nel frattempo maturate e i corrispondenti contributi previdenziali.

Gabriella Barbieri
2025-07-28 21:04:08
Numero di risposte
: 14
Il licenziamento è un provvedimento per il quale è richiesta la forma scritta ab sustantiam.
Il licenziamento orale è nullo.
Tuttavia, in quest’ultima ipotesi, la prova ricade sul lavoratore che altrimenti potrebbe essere considerato dimissionario.
Il lavoratore che impugni il licenziamento, perché intimato senza l’osservanza della forma scritta, ha l’onere di dimostrare in che modo lo scioglimento del vincolo sia riconducibile alla volontà datoriale, non essendo sufficiente la prova della mera cessazione dell’esecuzione della prestazione lavorativa.
Con tale pronuncia il Tribunale si è allineato all’orientamento meno garantista della Corte di Cassazione, in forza del quale, qualora sussista un’incertezza probatoria in merito alla circostanza alla base della cessazione del rapporto, trova applicazione l’art. 2697 c.c., secondo cui chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.
Ai fini dell’assolvimento di tale onere non è sufficiente provare la mera cessazione del rapporto di lavoro.

Patrizia Mancini
2025-07-28 20:15:15
Numero di risposte
: 16
Il licenziamento orale è diverso dal caso delle dimissioni per fatti concludenti, cioè quando il datore di lavoro comunica verbalmente il recesso dal rapporto. Anche in questo caso, la forma scritta è richiesta a pena di nullità. Secondo l’art. 2 della legge n. 604/1966, il licenziamento deve essere comunicato per iscritto, e in mancanza è giuridicamente inesistente. Il lavoratore che riceve un licenziamento orale può impugnare il provvedimento e ottenere il riconoscimento dell’illegittimità del recesso, con possibili conseguenze risarcitorie o reintegratorie, a seconda della dimensione aziendale e della tutela applicabile. Un licenziamento non formalizzato per iscritto non ha valore, anche se il lavoratore ha smesso di presentarsi al lavoro dopo la comunicazione verbale.
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