Un fallito può andare all'estero?

Walter Giordano
2025-09-23 07:58:46
Numero di risposte
: 21
L'imprenditore individuale fallito non è soggetto ad alcun divieto di esercizio di una nuova attività.
Il fallimento e lo spossessamento del fallito determinano una incapacità relativa, che non investe la capacità di agire in relazione ad una nuova attività lavorativa.
La gestione della nuova attività con incassi e pagamenti e tutto quello che segue non va analizzata atomisticamente atto per atto, ma va valutata nel suo insieme come attività d'impresa.
L'acquisizione dell'attivo necessario per il suo esercizio va valutato quale bene sopravvenuto, che resta soggetto alla disposizione di cui all'art. 42, comma 2, l. fall.
Il curatore ha facoltà di appropriarsi delle sopravvenienze di ulteriori beni per titolo successivo al fallimento "al netto delle spese incontrate per la loro realizzazione".

Gastone Grasso
2025-09-23 06:18:17
Numero di risposte
: 17
Il trasferimento della sede all’estero, sia esso effettivo o fittizio, non preclude la possibilità che una società possa essere dichiarata fallita.
La corte di Cassazione, con l’ordinanza n° 10793 del 4 maggio 2018 ha statuito che il trasferimento della sede all’estero non preclude la possibilità che una società possa essere dichiarata fallita.
Se l’attività continua ad essere esercitata in Italia vi è continuità giuridica e la società, qualora ne ricorrano i presupposti oggettivo e soggettivo disciplinati dalla legge fallimentare, può essere sottoposta a procedura fallimentare.
Il trasferimento, almeno nelle ipotesi in cui la legge applicabile nella nuova sede concordi con i principi desumibili dalla legge italiana, non determina il venir meno della continuità giuridica della società trasferita e non ne comporta, quindi, in alcun modo, la cessazione dell’attività.
Il mero trasferimento della sede, e non dell’attività, non comporta neanche un difetto di giurisdizione poiché l’esercizio dell’attività imprenditoriale continua ad essere svolto nel territorio dello Stato.