In quale momento il fallito torna in bonis?
Marieva Costa
2025-10-25 15:20:24
Numero di risposte
: 25
Il fallito torna in bonis nel momento in cui viene dichiarata la chiusura del fallimento, evento che determina l’interruzione del processo.
Il dies a quo, ai fini del termine di cui all’art. 307 c.p.c., deve quindi ancorarsi alla data in cui il fallito tornato in bonis – parte interessata alla riassunzione – abbia avuto conoscenza legale dell’evento interruttivo.
Entro il giorno successivo al suo deposito, il decreto di chiusura deve essere notificato, a cura della Cancelleria, al debitore e, al fine dell’annotazione, deve essere trasmesso telematicamente presso l’ufficio del registro delle imprese ove l’imprenditore ha la sede legale.
La riassunzione era tardiva per cui il Giudice ha rigettato la domanda con condanna al pagamento delle spese.
Il caso verte sulla riassunzione di un giudizio di ripetizione delle somme da parte della stessa in amministrazione giudiziaria, nel frattempo tornata in bonis, contro una banca.
Gerlando Monti
2025-10-15 19:07:58
Numero di risposte
: 23
Il fallito torna in bonis quando si conclude la procedura di fallimento e viene emessa la sentenza di esdebitazione.
La sentenza di esdebitazione può essere emessa dopo la chiusura della procedura fallimentare.
La procedura fallimentare si conclude quando sono state liquidate tutte le attività del fallito e soddisfatte tutte le credito ammessi.
In alcuni casi, se non ci sono beni da liquidare, la procedura fallimentare può concludersi con una transazione tra il fallito e i creditori.
La durata della procedura fallimentare può variare a seconda delle circostanze Specifiche del caso.
In genere, la procedura fallimentare può durare alcuni anni, durante i quali il fallito dovrà rispettare le condizioni stabilite dal giudice delegato.
Alighieri Sala
2025-10-13 20:21:21
Numero di risposte
: 26
Il curatore non è tenuto a riassumere la causa in caso di interruzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per crediti non ammessi al passivo fallimentare, essendo, semmai interesse del fallito, il quale perde la capacità processuale solo per i rapporti patrimoniali compresi nel fallimento.
Tale interesse si traduce in un vero e proprio onere in capo al fallito, poiché la riassunzione del giudizio impedisce al decreto monitorio di acquisire efficacia esecutiva nei confronti della società fallita tornata in bonis.
Dall'altro lato, la giurisprudenza riconosce pure esistente l'interesse dell'opposto alla riassunzione del giudizio di opposizione, allo scopo di farne dichiarare l'estinzione, onde munire il decreto di efficacia esecutiva e renderlo così opponibile al debitore una volta che questi sia tornato in bonis.
Il fallimento del debitore opponente non determina la caducazione del decreto ingiuntivo opposto: l'interruzione del pendente giudizio di opposizione non elimina il decreto ingiuntivo (o la sua efficacia di condanna e di titolo per l'iscrizione ipotecaria), potendo lo stesso spiegare i suoi effetti nei confronti del debitore una volta che questo sia tornato in bonis.
Il fallimento dichiarato nelle more dei giudizi di opposizione ai decreti ingiuntivi non determina, dunque, l'inesistenza o l'inefficacia assoluta dei provvedimenti monitori, ma, semmai, soltanto la loro inefficacia relativa nei confronti della curatela fallimentare.
Al contrario, la mancata riassunzione dei processi interrotti consente che i titoli provvisori (e provvisoriamente esecutivi, nonché sufficienti all'iscrizione ipotecaria) conseguiti divenissero definitivi (e quindi, definitivamente, titoli esecutivi) nei confronti della società tornata in bonis.
Federica Negri
2025-10-01 03:14:04
Numero di risposte
: 24
Il fallito torna in bonis quando cessano gli effetti della procedura sul patrimonio del fallito e i creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale ed interessi.
La sospensione del decorso degli interessi, legali o convenzionali, corrispettivi o compensativi, fino alla chiusura del fallimento, sancita dall’art. 55, comma 1, L.F., vale solo agli effetti del concorso e non si estende anche ai rapporti tra debitore sottoposto a misura concorsuale e singoli creditori.
Gli interessi continuano a maturare secondo le consuete regole di cui all’art. 1282 c.c. o le convenzioni stabilite tra le parti e potranno essere domandati al fallito, dopo la chiusura del fallimento, se e quando dovesse tornare in bonis.
Con la chiusura del fallimento i creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale ed interessi, salvo quanto previsto dagli artt. 142 e seguenti.
Il termine prescrizionale per l’esercizio di eventuali azioni decorre da detto momento.
Il quinquennio entro il quale il creditore avrebbe dovuto proporre la domanda di riconoscimento degli interessi post-fallimentari sui crediti ammessi al passivo decorre dalla data di chiusura del fallimento.
Diamante Milani
2025-09-23 06:26:48
Numero di risposte
: 21
Il fallito perde la capacità processuale solo per i rapporti patrimoniali compresi nel fallimento.
La riassunzione del giudizio impedisce al decreto monitorio di acquisire efficacia esecutiva nei confronti della società fallita tornata in bonis.
Il fallimento del debitore opponente non determina la caducazione del decreto ingiuntivo opposto: l'interruzione del pendente giudizio di opposizione non elimina il decreto ingiuntivo.
Potendo lo stesso spiegare i suoi effetti nei confronti del debitore una volta che questo sia tornato in bonis.
La mancata riassunzione dei processi interrotti consente che i titoli provvisori conseguiti divenissero definitivi nei confronti della società tornata in bonis.