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Cosa fare se l'INPS sbaglia?

Irene Neri
Irene Neri
2025-08-31 10:15:34
Numero di risposte : 23
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Il Titolare non può pagare per colpe non sue. È un principio più volte ribadito dalla Giurisprudenza, alla quale si aggiunge l’ultima sentenza del Tribunale di Roma il quale ha considerato come illegittima la pretesa dell’Istituto di recuperare le somme erogate per errore. L’Istituto non può chiedere la restituzione delle somme erroneamente erogate quando l’errore non è imputabile alla condotta del Pensionato. Un principio che era già stato ribadito dalla Corte di Cassazione che in una pronuncia risalente al 2018 aveva escluso che quando si tratti di un errore “esclusivamente imputabile all’Istituto” ci possa essere l’obbligo per il pensionato di restituire quanto ricevuto. Non è così raro che l’INPS commetta degli errori nel pagamento delle pensioni. Indipendentemente dalla cifra, la richiesta di restituzione da parte dell’INPS è legittima solo quando si rileva la malafede del Pensionato, oppure si dimostra che è il comportamento fraudolento di quest’ultimo ad aver comportato l’errore.
Pericle Mariani
Pericle Mariani
2025-08-25 07:56:24
Numero di risposte : 22
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L’Istituto in sede di liquidazione della pensione commette spesso errori di ricalcolo INPS. In pratica vengono erogati assegni pensionistici maggiorati e lo stesso Istituto, una volta accortosi del proprio errore, richiede all’ignaro pensionato la restituzione delle somme percepite in eccesso. Noi di Gestione Crediti Pubblici precisiamo che, pur essendo l’Istituto legittimato a operare il ricalcolo della pensione viziata dall’errore, non può provvedere al recupero delle somme in eccesso corrisposte al pensionato, salvo che l’indebita prestazione sia dovuta a dolo dell’interessato. Purtroppo l’unica possibilità per difendersi è quella di rivolgersi ad un legale e contestare le pretese dell’ Inps con un ricorso al Giudice delle pensioni in Tribunale o alla Corte dei Conti. L’ente avanza così una richiesta di restituzione di denaro — commettendo addirittura un altro errore in fase di ricalcolo — che supera i 12.000 euro; l’INPS inizia anche a trattenere parte della pensione per 800 € divisi in 3 rate. L’uomo decide così di rivolgersi allo staff legale che collabora con Gestione crediti Pubblici; viene presentato un ricorso alla Corte dei Conti, perchè la restituzione denaro a seguito di ricalcolo da parte dell’INPS è una richiesta illegittima. Proprio la Corte dei Conti con la sentenza n°383/2021 chiarisce ogni dubbio dando ragione a tutti quei pensionati che, a distanza di anni dal ricevimento della loro pensione, si sono visti richiedere dall’INPS la restituzione d’ingenti somme percepite indebitamente. Se sei tra i pensionati a cui è cui è stata richiesta la restituzione di somme non dovute puoi chiamare lo 055 290831 oppure scriverci a [email protected] Lo Staff di Gestione Crediti Pubblici
Marianita D'angelo
Marianita D'angelo
2025-08-15 09:42:09
Numero di risposte : 28
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Secondo quanto afferma la sezione lavoro della Cassazione con la sentenza n. 482/2017, l’Inps può rettificare in ogni momento le pensioni per via di errori di ogni natura, ma non può comunque recuperare le somme già corrisposte, a meno che l’indebita prestazione erroneamente corrisposta non sia dipendente dal dolo del soggetto interessato. Il riconoscimento del trattamento economico corrispondente alle mansioni effettivamente espletate prescinde dalla legittimità della relativa assegnazione e che, anche nel caso in cui la promozione sia stata illegittima, troverebbe applicazione l’art. 2126 c.c., in base al disposto del quale la nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione. In caso di recupero derivante dall’annullamento di un inquadramento illegittimo di un proprio dipendente, la Pubblica Amministrazione non potrà che tenere in considerazione il principio di corrispettività delle prestazioni di lavoro subordinato medio tempore espletate, e non deve procedere alla ripetizione in caso di mansioni effettivamente svolte. Proprio l’applicabilità dell’art. 2126 c.c., che rende intangibile la retribuzione e la pensione che matura alla stregua della retribuzione corrisposta, discende l’infondatezza dell’altro motivo di ricorso dell’Inps, posto che l’articolo in questione assicura la debenza e delle retribuzioni, e il dpR n. 818/57 assicura la compatibilità dei contributi indebitamente versati che rendono non più indebita la pensione maturata. Nel caso di specie, aggiunge ancora la Suprema Corte, era proprio l’Inps, quale datore di lavoro, che versava i contributi in favore del (omissis), che l’Istituto considera indebiti; inoltre, l’accertamento dell’indebito versamento è, all’evidenza, posteriore di oltre cinque anni dalla data dell’ultimo versamento contributivo. Alla luce di quanto sopra ne consegue che, poichè sono i contributi a far maturare il diritto alla pensione, una volta che i contributi – pur eventualmente indebiti – sono consolidati per il decorso del quinquennio, negli stessi matura regolarmente la pensione, stante la loro computabilità agli effetti della prestazione pensionistica.
Odone Leone
Odone Leone
2025-08-07 15:24:26
Numero di risposte : 22
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Il servizio consente di visualizzare le informazioni sulla propria posizione contributiva e offre strumenti per la gestione delle segnalazioni contributive da inviare all'INPS. Il servizio è rivolto ai cittadini che hanno necessità di correggere anomalie presenti nella propria posizione assicurativa, richiedendo l’accredito o modifica di periodi contributivi. Effettuata l'autenticazione, l'utente può visualizzare le informazioni sulla propria posizione contributiva e utilizzare gli strumenti a disposizione nel portale per la gestione delle segnalazioni da inviare all'INPS. Il termine ordinario per l'emanazione dei provvedimenti è stabilito dalla legge n. 241/1990 in 30 giorni. In alcuni casi la legge può fissare termini diversi. Nella tabella sono riportati i termini superiori ai trenta giorni, stabiliti dall'Istituto con Regolamento. La tabella, oltre ai termini per l'emanazione del provvedimento, indica anche il relativo responsabile.
Clodovea Cattaneo
Clodovea Cattaneo
2025-07-28 17:46:22
Numero di risposte : 16
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Il ricorso amministrativo può essere inviato esclusivamente attraverso una delle seguenti modalità telematiche: online sul sito www.inps.it e utilizzando il percorso “Tutti i servizi” > “Ricorsi Online”; tramite Ente di patronato o altri soggetti abilitati all’intermediazione con l’Istituto. Il ricorso deve essere presentato entro il termine di 90 giorni decorrente dalla data di ricezione del provvedimento che si intende impugnare. In ipotesi di ricorso avverso il silenzio-rigetto, i 90 giorni decorrono dal 121° giorno successivo a quello di presentazione della relativa domanda. Per i soli Comitati della Gestione Dipendenti Pubblici, il termine di presentazione è di 30 giorni decorrenti dalla data di ricezione del provvedimento, tranne per i provvedimenti di pensione per i quali il termine di 30 giorni decorre dalla data di primo pagamento della pensione. Non è possibile proporre ricorso amministrativo avverso il silenzio-rigetto. Se il ricorrente è residente in un Paese dell’Unione Europea e dello Spazio Economico Europeo, in Svizzera o nei Paesi extracomunitari convenzionati con l’Italia, il ricorso può essere altresì presentato per il tramite dell’Istituzione estera corrispondente e la data del ricorso sarà quella di presentazione presso tale Istituzione. Nel caso di presentazione di un ricorso amministrativo effettuata direttamente da parte del cittadino, il ricorrente, dopo aver effettuato l’accesso alla procedura, dovrà compilare le schede della procedura secondo il percorso guidato. Dovrà allegare il ricorso amministrativo debitamente sottoscritto e digitalizzato tramite scanner, nonché, separatamente, eventuali altri allegati in formato digitale.