Qual è la ragionevole durata di una procedura fallimentare?
Donatella Giordano
2025-10-15 06:48:43
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: 27
Particolari circostanze che rendono complesse le procedure fallimentari presupposte, come il notevole numero dei creditori, la natura o situazione giuridica dei beni da liquidare, la proliferazione di giudizi connessi o la pluralità di procedure concorsuali interdipendenti, sono da valutare ex art. 2 co. 2 l. al fine di estendere la durata non irragionevole del processo fino ad un massimo di sette anni, non già per escludere integralmente l’equo indennizzo.
Così ha stabilito la Cassazione civile con l’ordinanza n. 34836/2023.
Ugo Gatti
2025-10-03 11:17:37
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: 30
Ancora, ai sensi dell’art. 2, comma 2 bis della stessa legge Pinto, si considera rispettato il termine ragionevole di cui al comma 1 se la procedura concorsuale si è conclusa in sei anni.
Ne consegue che, in tema di equa riparazione, per la violazione del termine di durata ragionevole del processo, la durata delle procedure fallimentari deve rispettare la soglia di sei anni, che rappresenta il parametro per le procedure concorsuali.
In numerosi precedenti, questa Corte ha chiarito che si tratta di un termine che “di regola” deve essere rispettato, ritenendo irragionevole una procedura avente una durata superiore a sei anni, termine da qualificarsi legale in quanto direttamente derivante del tenore letterale della norma, che testualmente dispone che il termine “si considera rispettato”.
Benedetta Amato
2025-09-26 19:34:10
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: 34
L’art. 2 co. 2 bis della l. 89/2001 afferma che la ragionevole durata di un procedimento fallimentare è di sei anni.
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 34836/2023 ha ritenuto che tale termine può applicarsi solo in caso di fallimento con un unico creditore o, comunque, con un numero limitato di creditori, senza profili contenziosi.
La Suprema Corte ha dunque affermato che se la procedura fallimentare è caratterizzata da straordinaria complessità, la ragionevole durata del procedimento deve essere riconosciuta in sette anni.
In tale arco temporale non può, in ogni caso, essere compreso il tempo degli esperimenti di vendita, ovvero il tempo necessario a reiterare il tentativo di vendita andato deserto per mancanza di offerenti, trattandosi di un evento di mercato che non rientra nel controllo dell’attività giudiziaria.
La particolare complessità della procedura può essere data dal numero elevato dei creditori, dalla natura o dalla situazione giuridica dei beni da liquidare, dalla proliferazione di giudizi connessi o dalla pluralità delle procedure concorsuali interdipendenti.
Tutti questi elementi sono da valutare al fine di estendere la durata non irragionevole del processo fino ad un massimo di sette anni ai fini della liquidazione dell’equo indennizzo.
Abramo Sala
2025-09-25 17:54:50
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: 35
La durata delle procedure fallimentari particolarmente complesse non può comunque superare la durata di 7 anni, termine che per i creditori ammessi decorre dal decreto di ammissione.
Superato tale limite, il danno non patrimoniale, da intendersi come danno morale soggettivo correlato ai turbamenti di carattere psicologico, si intende come conseguenza normale, ancorché non automatica o necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo.
La Corte d’Appello aveva giustificato l’infondatezza della pretesa del creditore istante in ragione della particolare complessità della procedura concorsuale, nella quale erano state esperite anche azioni di responsabilità nei confronti dell’organo di controllo, oltre cento azioni revocatorie e vi era un elevato numero di creditori insinuati al passivo, che ammontava a diversi milioni di euro.
Una volta accertata l’ultra-durata il giudice deve ritenere esistente suddetto danno, sempre che non risulti altresì da circostanze concrete che tale danno non sia stato effettivamente subito.
La Corte d’Appello, a fronte della durata di oltre 14 anni della procedura ha, dunque, errato nel ritenere sia che il creditore fosse onerato a formulare specifiche allegazioni in ordine al pregiudizio subito sia che l’indennizzabilità fosse da escludersi per la particolare complessità della procedura.
Riccardo Fontana
2025-09-11 16:33:57
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: 13
La durata delle procedure fallimentari notevolmente complesse non può comunque superare la durata complessiva di sette anni.
Per i creditori ammessi al passivo, il termine dal quale decorre il computo della ragionevole durata di una procedura fallimentare decorre dal decreto di ammissione.
Superato il richiamato termine di 7 anni, il danno non patrimoniale riconosciuto ai sensi della Legge Pinto si intende come conseguenza normale, ancorché non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Per dichiarare insussistente il pregiudizio da irragionevole durata del processo occorre accertare la sussistenza, nel caso concreto, di circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dalle parti interessate.
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