Quando si perde il diritto alla casa coniugale?

Giacinto Giordano
2025-05-28 11:03:36
Numero di risposte: 5
Il diritto di abitazione nella casa coniugale cessa non appena i figli perdono il diritto di essere mantenuti.
Le principali circostanze in cui questo accade sono:
Figli maggiorenni autosufficienti: Quando il figlio raggiunge l’autonomia economica, il diritto di abitazione cessa.
Figli non autosufficienti che non studiano o cercano lavoro: Anche in questo caso, il genitore che li ospita deve restituire l’immobile.
Figli maggiorenni che, nonostante ricerchino lavoro, hanno superato i 30/35 anni: La legge considera colpevole lo stato di disoccupazione oltre una certa età, facendo cessare il diritto alla casa familiare.
Figli che studiano senza profitto: Quando il figlio non ottiene risultati nello studio, perde il diritto al mantenimento e, quindi, alla casa coniugale.
Figli che vivono da soli: Il figlio che si trasferisce in un altro luogo, a prescindere dal fatto che stia studiando o lavorando, fa cessare il diritto di abitazione.
Il diritto di abitazione nella casa coniugale cessa quando i figli non hanno più diritto al mantenimento.
Questo può avvenire in varie circostanze legate all’età e alla situazione lavorativa o di studio del figlio.

Donatella Donati
2025-05-28 09:48:58
Numero di risposte: 4
Il diritto di godimento della casa familiare viene meno quando l’assegnatario non abita o cessa di abitare stabilmente nella casa coniugale ovvero conviva o contragga nuovo matrimonio. La revoca dell’assegnazione viene disposta inoltre quando vengono meno i presupposti che giustificano il provvedimento come per esempio il raggiungimento della maggiore età e dell’autonomia economica dei figli.
Per mantenere l’assegnazione della casa familiare è necessario quindi un collegamento stabile del figlio con l’abitazione assegnata al genitore.
Il trasferimento del figlio pertanto, secondo il Giudice di Milano non esclude che lo stesso rientrerà, compatibilmente con le sue esigenze di studio e gli impegni delle lezioni, in quella che è sempre stata la sua casa di riferimento presso il genitore con cui viveva per mantenere tutti i rapporti amicali e i legami parentali che ha tessuto nel suo territorio di riferimento.
Alla luce di quando sancito dal Tribunale di Milano si può quindi affermare che il semplice trasferimento del figlio, non economicamente autosufficiente, non legittima la revoca dell’assegnazione della casa familiare.
Sarà pertanto necessario che il figlio stabilizzi i propri legami e la propria quotidianità nel luogo del trasferimento per poter dimostrare l’interruzione del legame con l’abitazione.
Solo dopo tale radicamento potrà essere disposta la revoca del diritto di abitazione nella casa familiare.

Damiana Martini
2025-05-28 08:08:25
Numero di risposte: 6
L’assegnazione della casa viene meno quando il figlio, divenuto maggiorenne, trova un lavoro e diventa pertanto economicamente autonomo.
L’assegnazione non viene meno nel caso di trasferimento del figlio per ragioni di studio.
L’assegnazione termina anche in presenza di figli minori, quando cambia la cd. collocazione del figlio.
La casa segue il figlio.
Sulla carta vi è anche un altro caso in cui il genitore assegnatario perde il diritto di abitare nella casa familiare, si tratta del caso in cui detto assegnatario conviva con il proprio nuovo partner in quella stessa abitazione, appartenente all’altro coniuge.
Un altro caso in cui si perde l’assegnazione della casa familiare si verifica quando il genitore assegnatario si trasferisce con il figlio minore in un’altra abitazione, lasciando vuota la prima, in questo caso, l’altro genitore può chiedere e ottenere la restituzione dell’immobile, sempre che ne sia il proprietario.

Felice Bellini
2025-05-28 07:56:30
Numero di risposte: 3
Il provvedimento di assegnazione della casa familiare viene meno nei seguenti casi:
– se l’assegnatario vi rinuncia;
– quando il figlio diventa economicamente autonomo (se sono più di uno, quando l’ultimo dei figli diventa indipendente);
– quando il figlio, anche se non indipendente dal punto di vista economico, si trasferisce a vivere stabilmente altrove.
Nel caso in cui il trasferimento sia dovuto a ragioni di studio (ad esempio, il figlio che va a studiare in altra città), le situazioni vanno valutate caso per caso, ma in via prevalente si ritiene che l’assegnazione debba rimanere in vita fino a che non si interrompe in maniera stabile il rapporto con l’abitazione.

Giacobbe Milani
2025-05-28 07:55:48
Numero di risposte: 10
La casa coniugale viene assegnata al genitore che ha i figli collocati stabilmente con sé, spesso la madre.
Se l’abitazione è interamente di proprietà del genitore non assegnatario, rinunciare alla casa significa restituirla al legittimo proprietario.
A prima vista, sembra una soluzione semplice e senza problemi.
Ma attenzione: vivere in una casa che non si possiede rappresenta un vantaggio economico che viene considerato nel calcolo dell’assegno di mantenimento per i figli.
Quindi, se il genitore assegnatario rinuncia alla casa, l’altro coniuge, cioè il proprietario della casa, potrebbe trovarsi a dover versare un assegno di mantenimento più alto, soprattutto se chi rinuncia alla casa andrà a pagare un affitto o un mutuo per la nuova abitazione.
L’assegnazione della casa familiare incide sulla determinazione dell’assegno di mantenimento, quindi è un aspetto da valutare con attenzione nella trattativa per la separazione consensuale.
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