Quando viene meno l'assegnazione della casa familiare?

Danuta Conte
2025-05-26 03:07:58
Numero di risposte: 5
Il diritto di abitazione nella casa coniugale è un diritto personale di godimento "sui generis", che, in funzione del "vincolo di destinazione collegato all'interesse dei figli", si estingue soltanto per il venir meno dei presupposti che hanno determinato l'assegnazione.
La morte del beneficiario, il compimento della maggiore età dei figli o il conseguimento da parte degli stessi dell'indipendenza economica, il trasferimento altrove della loro abitazione sono tutti eventi che possono determinare l'estinzione del diritto di abitazione.
L'accertamento delle circostanze di cui all’art. 337 sexies c.c. legittimanti una revoca giudiziale, quali il passaggio a nuove nozze oppure la convivenza more uxorio del genitore assegnatario o ancora la mancata utilizzazione da parte dello stesso, sempre previa valutazione dell'interesse prioritario dei figli, può essere un'altra causa di estinzione del diritto di abitazione.
Tale diritto di abitazione si estingue, non con l'intervenuto decesso del coniuge non affidatario, ma nel momento in cui vengono meno i presupposti che lo hanno giustificato, ovvero l'esistenza in vita del coniuge collocatario, atteso che l'assegnazione della casa familiare viene fatta a quest'ultimo, seppure a tutela di interessi preminenti dei figli affidati.

Nicoletta Marini
2025-05-26 03:00:33
Numero di risposte: 2
L'assegnazione della casa familiare si perde nel momento in cui il figlio diventa economicamente autonomo.
È il caso in cui il figlio, divenuto maggiorenne, trova un lavoro e diventa pertanto economicamente autonomo.
E non importa che egli rimanga a vivere nella casa familiare.
L'assegnazione della casa familiare si perde anche quando il figlio si trasferisce stabilmente a vivere altrove, magari perché si sposa o inizia una relazione stabile con un’altra persona.
Attenzione, però: l’assegnazione non viene meno nel caso di trasferimento del figlio per ragioni di studio.
L'assegnazione termina anche in presenza di figli minori, quando cambia la cd. collocaazione del figlio.
La casa segue il figlio.
Sulla carta vi è anche un altro caso in cui il genitore assegnatario perde il diritto di abitare nella casa familiare.
Si tratta del caso in cui detto assegnatario conviva con il proprio nuovo partner in quella stessa abitazione, appartenente all’altro coniuge.
Un altro caso in cui si perde l’assegnazione della casa familiare si verifica quando il genitore assegnatario si trasferisce con il figlio minore in un’altra abitazione, lasciando vuota la prima.
In questo caso, l’altro genitore può chiedere e ottenere la restituzione dell’immobile, sempre che ne sia il proprietario.

Erminia Ferraro
2025-05-25 23:45:48
Numero di risposte: 4
Il diritto di godimento della casa familiare viene meno quando l’assegnatario non abita o cessa di abitare stabilmente nella casa coniugale ovvero conviva o contragga nuovo matrimonio. La revoca dell’assegnazione viene disposta inoltre quando vengono meno i presupposti che giustificano il provvedimento come per esempio il raggiungimento della maggiore età e dell’autonomia economica dei figli. Non sussisteranno pertanto i presupposti necessari qualora il rientro a casa sia solo saltuario, in quanto tale circostanza configurerebbe un semplice rapporto di ospitalità. Per mantenere l’assegnazione della casa familiare è necessario quindi un collegamento stabile del figlio con l’abitazione assegnata al genitore. Il trasferimento del figlio pertanto, secondo il Giudice di Milano non esclude che lo stesso rientrerà, compatibilmente con le sue esigenze di studio e gli impegni delle lezioni, in quella che è sempre stata la sua casa di riferimento presso il genitore con cui viveva per mantenere tutti i rapporti amicali e i legami parentali che ha tessuto nel suo territorio di riferimento. Alla luce di quando sancito dal Tribunale di Milano si può quindi affermare che il semplice trasferimento del figlio, non economicamente autosufficiente, non legittima la revoca dell’assegnazione della casa familiare. Sarà pertanto necessario che il figlio stabilizzi i propri legami e la propria quotidianità nel luogo del trasferimento per poter dimostrare l’interruzione del legame con l’abitazione. Solo dopo tale radicamento potrà essere disposta la revoca del diritto di abitazione nella casa familiare.

Lino Ferrari
2025-05-25 23:27:00
Numero di risposte: 9
Il diritto di abitazione nella casa coniugale cessa non appena i figli perdono il diritto di essere mantenuti.
Le principali circostanze in cui questo accade sono:
Figli maggiorenni autosufficienti: Quando il figlio raggiunge l’autonomia economica, il diritto di abitazione cessa.
Figli non autosufficienti che non studiano o cercano lavoro: Anche in questo caso, il genitore che li ospita deve restituire l’immobile.
Figli maggiorenni che, nonostante ricerchino lavoro, hanno superato i 30/35 anni: La legge considera colpevole lo stato di disoccupazione oltre una certa età, facendo cessare il diritto alla casa familiare.
Figli che studiano senza profitto: Quando il figlio non ottiene risultati nello studio, perde il diritto al mantenimento e, quindi, alla casa coniugale.
Figli che vivono da soli: Il figlio che si trasferisce in un altro luogo, a prescindere dal fatto che stia studiando o lavorando, fa cessare il diritto di abitazione.
Il diritto di abitazione nella casa coniugale cessa quando i figli non hanno più diritto al mantenimento.
Questo può avvenire in varie circostanze legate all’età e alla situazione lavorativa o di studio del figlio.
La percentuale di casi di separazione in cui i figli raggiungono l’autonomia economica varia in base a fattori come il contesto familiare e l’età dei figli.
Ad esempio, il 35% dei figli maggiorenni che diventano autonomi economicamente sono anche i più determinanti nel porre fine al diritto di abitazione nella casa coniugale.
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