Quante mensilità mi spettano in caso di licenziamento illegittimo?

Michael Caputo
2025-10-18 05:35:11
Numero di risposte
: 25
In caso di licenziamento illegittimo l’art. 18 dello statuto dei lavoratori prevede una serie di tutele, che vanno dalla reintegrazione sul posto di lavoro, oltre a un risarcimento del danno pari alle retribuzioni perse con un massimo di 12 fino al solo risarcimento del danno da 12 a 24 mensilità.
Per le imprese con un numero di dipendenti inferiori a 16, le regole sono invece diverse e prevedono il solo risarcimento del danno fino a un massimo di 6 mensilità.
La norma di tutela del danno di licenziamento impartito senza giusta causa o giustificato motivo non esclude in effetti che il lavoratore possa subire un danno ulteriore alla professionalità, a condizione però che detti danni siano debitamente provati.
La Corte di cassazione ha già riconosciuto che oltre alla reintegra nel posto di lavoro il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno sub specie di danno non patrimoniale ed in particolare di danno esistenziale.
Il danno esistenziale, infatti, pur non integrando una autonoma categoria di pregiudizio, rientra nel danno non patrimoniale, la cui liquidazione è il risultato di una valutazione equitativa ed unitaria basata su tutte le circostanze del caso concreto.
La Corte ha affermato che il risarcimento da licenziamento previsto dall’art. 18 st. lav. persegue il vincolo di risarcire al lavoratore semplicemente le conseguenze dannose del licenziamento impartito senza giusta causa o giustificato motivo, senza che però ciò escluda la causazione in capo al lavoratore espulso di un danno ulteriore, accogliendo dunque l’argomentazione in diritto del ricorrente, a condizione però che detti danni siano debitamente provati.
Il lavoratore censurava inoltre in cassazione l’omessa pronuncia, da parte della Corte di Appello, in ordine alla domanda di risarcimento dei danni esistenziali essendosi limitata l’impugnata sentenza a decidere sul risarcimento dei danni morali.
Dal punto di vista sostanziale, la S.C. ha ribadito l’esistenza di detta, distinta, voce di danno non patrimoniale suscettibile di conseguire, tra le altre, dall’irrogazione di un provvedimento di licenziamento illegittimo, purché rechi un «pregiudizio al fare areddituale determinante una modifica peggiorativa da cui consegue uno sconvolgimento dell’esistenza e in particolare delle abitudini di vita con alterazione del modo di rapportarsi con gli altri nell’ambito della comune vita di relazione, sia all’interno che all’esterno del nucleo familiare».

Sarita Testa
2025-10-18 05:04:37
Numero di risposte
: 33
In caso di licenziamento illegittimo, il risarcimento minimo di 5 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del Tfr resta incomprimibile.
La misura minima di 5 mensilità costituisce un diritto incomprimibile.
L’aliunde perceptum – ovvero le somme guadagnate con altre attività lavorative – può essere detratto esclusivamente dall’eventuale parte di risarcimento eccedente la soglia minima.
Il principio si basa sulla continuità garantista tra il vecchio e il nuovo regime normativo, richiamando l’orientamento già consolidato per i licenziamenti illegittimi disciplinati dall’art. 18 L. 300/1970.
In caso di licenziamento illegittimo, il risarcimento minimo di 5 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del Tfr resta incomprimibile, anche quando il dipendente trova immediatamente una nuova occupazione.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 22.07.2025, n. 20686, ha stabilito un principio di estrema rilevanza per la tutela dei lavoratori: in caso di licenziamento illegittimo, il risarcimento minimo di 5 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del Tfr resta incomprimibile.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso del lavoratore, affermando che nel regime delle tutele crescenti previsto dal D.Lgs. 23/2015 (Jobs Act), la misura minima di 5 mensilità costituisce un diritto incomprimibile.
Il principio di estrema rilevanza per la tutela dei lavoratori trova applicazione anche quando il lavoratore trova una nuova occupazione.

Franco Caruso
2025-10-18 04:24:09
Numero di risposte
: 37
Il lavoratore potrà ottenere un’indennità ora compresa tra un minimo di 6 ed un massimo di 36 mensilità, indipendentemente dalla propria anzianità di servizio, a scelta insindacabile del solo Giudice.
L’art. 3 del D.Lgs. n. 23/2015 (c.d. Jobs Act) aveva introdotto un criterio univoco per il calcolo dell’indennità spettante al lavoratore illegittimamente licenziato, ricompreso tra 4 e 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto e calcolato esclusivamente sulla sua anzianità di servizio.
Con il Decreto Dignità, il Legislatore ha confermato il criterio di calcolo, inasprendo la “forbice” e passando da 4-24 mensilità a 6-36 mensilità.
La sentenza della Corte Costituzionale ha lasciato inalterata la previsione della misura minima e massima di mensilità riconoscibili al lavoratore.
Il Tribunale di Bari, con ordinanza dell’11.10.2018, ha ritenuto di applicare i principi della Corte Costituzionale, condannando un datore di lavoro al pagamento di 12 mensilità in luogo delle 4 cui, in ragione dell’anzianità di servizio del lavoratore, avrebbe dovuto condannarlo ante pronuncia della Corte Costituzionale.
La sentenza della Corte Costituzionale ha inevitabilmente generato un “doppio binario”: se da un lato, infatti, gli effetti di tale decisione si riflettono sugli esiti di eventuali procedimenti pendenti e/o futuri, è pur vero che gli stessi non investiranno le modalità di calcolo della c.d. offerta conciliativa ex art. 6 del D.Lgs. n. 23/2015.
Tale strumento permette ai datori di lavoro di offrire al lavoratore licenziato, avanti ad una sede protetta, un’indennità non assoggettata a contribuzione e tassazione, purché nei termini dell’impugnazione stragiudiziale, calcolata anch’essa sulla base dell’anzianità di servizio, tra un minimo di 2 ed un massimo di 18 mensilità (innalzate a 3-27 mensilità dal Decreto Dignità).
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