Il licenziamento durante la malattia è nullo o inefficace?
Stefania Gallo
2025-10-27 05:50:47
Numero di risposte
: 24
Il recesso datoriale intimato prima della fine del periodo di comporto non è invalido ma solo inefficace e produce i suoi effetti dal momento della cessazione della malattia.
Il licenziamento intimato prima della scadenza del comporto sia affetto da nullità e non da inefficacia.
Solo il superamento del periodo di comporto riconosce al datore di lavoro la facoltà di recedere dal contratto, tanto che in caso di licenziamento intimato per superamento di tale periodo anteriormente alla sua effettiva scadenza, l’atto di recesso datoriale deve considerarsi totalmente nullo per violazione di norma imperativa di cui proprio all’art. 2110 c.c. – il quale vieta il licenziamento stesso in costanza della malattia del lavoratore – e non già temporaneamente inefficace, con differimento dei relativi effetti al momento della scadenza.
Il superamento del comporto costituisce, infatti, ai sensi del citato art. 2110 c.c., una situazione autonomamente giustificatrice del recesso che deve, perciò, esistere già anteriormente alla comunicazione dello stesso per legittimare il datore di lavoro al compimento di tale atto.
Un licenziamento irrogato in questo contesto sarebbe radicalmente nullo, con conseguente applicazione della tutela reale prevista dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Nel diverso caso invece di licenziamento esclusivamente inefficace, questo sarà di per sé valido, rimanendo i suoi effetti in sospeso sino al termine dello stato di incapacità lavorativa.
Domenico Valentini
2025-10-27 05:42:01
Numero di risposte
: 19
Scaduto il periodo di comporto, non basta procedere tempestivamente con il licenziamento. È sempre necessaria il nesso causale tra provvedimento datoriale ed assenze per.
Prisca Pellegrino
2025-10-27 04:31:47
Numero di risposte
: 20
Il licenziamento intimato in violazione dell’articolo 2110, comma 2, c.c., è nullo e le sue conseguenze sono disciplinate, secondo un regime sanzionatorio speciale, dal comma 7, che a sua volta rinvia al comma 4, del medesimo articolo 18, quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro.
Al di là dello speciale regime sanzionatorio applicabile, il licenziamento in violazione dell’articolo 2110 c.c. resta quindi assoggettato alla disciplina generale del licenziamento nullo le cui conseguenze, per espressa previsione normativa sono indifferenti al “numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro”.
La categoria giuridica della nullità, in quanto volta alla protezione di beni di rilievo costituzionale, è di applicazione generale e non consente diverse articolazioni.
L’interpretazione accolta, che si pone in continuità con la sentenza delle Sezioni Unite n. 12568 del 2018, oltre che coerente con criteri di ordine sistematico e con la scelta legislativa di raccogliere nel comma 1 dell’articolo 18 tutte le ipotesi di nullità del licenziamento a prescindere dal numero dei dipendenti occupati.
Deve quindi affermarsi il seguente principio di diritto “Nel sistema delineato dal L. n. 300 del 1970 articolo 18, come modificato dalla L. n. 92 del 2012, il licenziamento intimato in violazione dell’articolo 2110, comma 2, c.c.
Joseph Cattaneo
2025-10-27 03:52:19
Numero di risposte
: 21
Il divieto di licenziamento durante la gravidanza è sancito dall’articolo 54 del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151.
La norma stabilisce che: “Le lavoratrici non possono essere licenziate dall’inizio del periodo di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.”
Al di fuori di questi casi tassativi, ogni licenziamento è nullo, anche se legato al superamento del comporto.
Il licenziamento viene dichiarato nullo; la lavoratrice ha diritto alla reintegra nel posto di lavoro; il datore è tenuto a pagare tutte le retribuzioni arretrate dalla data del licenziamento.
In tutti gli altri casi, il licenziamento è da considerarsi illecito e inefficace.
La tutela riconosciuta dall’articolo 54 del D.Lgs. 151/2001 è inderogabile, e il datore di lavoro che viola questo divieto incorre in sanzioni gravi.
Marieva Silvestri
2025-10-27 02:51:25
Numero di risposte
: 26
Il licenziamento intimato al lavoratore assente per malattia è nullo se i giorni di assenza non superano il periodo di comporto previsto nella contrattazione collettiva.
La Corte d’Appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado in punto illegittimità del licenziamento.
La Corte, tuttavia, ha ritenuto che il licenziamento, in quanto disposto in violazione dell’art. 2110 co. 2, da considerarsi norma imperativa, è nullo.
Il licenziamento per superamento del periodo di comporto costituisce una fattispecie autonoma di licenziamento, vale a dire una situazione di per sè idonea a consentirlo, diversa da quelle riconducibili ai concetti di giusta causa o giustificato motivo.
Il mero protrarsi di assenze oltre un determinato limite stabilito dalla contrattazione collettiva - o, in difetto, dagli usi o secondo equità - di per sè non costituisce inadempimento alcuno.
Il licenziamento intimato per il perdurare delle assenze per malattia del lavoratore, ma prima del superamento del periodo di comporto, non è soltanto inefficace fino a tale momento, bensì deve ritenersi nullo per violazione dell'art. 2110 cod. civ., co. 2, c.c.
La tutela in favore del lavoratore nel regime di vigenza del D.Lg. 23/15, in conseguenza della nullità del licenziamento in violazione dell’art. 2110, 2° co., c.c., non sia in linea con le conseguenze previste per il provvedimento affetto da identico vizio ma reso nei confronti del lavoratore assunto in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 23/15.
Bernardo Bianco
2025-10-27 02:40:51
Numero di risposte
: 27
È nullo il licenziamento intimato nei confronti del lavoratore assente per motivi di salute e avvenuto prima del decorso del periodo di comporto fissato dalla contrattazione collettiva.
In mancanza di riferimento contrattuale la norma richiama la nozione di "secondo gli usi o secondo equità"
Le Sezioni Unite con la sentenza n. 12568 del 2018 avevano già dato continuità alle numerose sentenze che hanno considerato nullo il licenziamento intimato solo per il protrarsi delle assenze dal lavoro, ma prima ancora che il periodo di comporto risulti scaduto.
Il carattere imperativo della norma, in combinata lettura con l’art. 1418 stesso codice, non consente soluzioni diverse in quanto il valore della tutela della salute è sicuramente prioritario all’interno dell'ordinamento.
La salute non possa essere adeguatamente protetta se non all'interno di tempi sicuri entro i quali il lavoratore, ammalatosi o infortunatosi, possa avvalersi delle opportune terapie senza il timore di perdere, nelle more, il proprio posto di lavoro.