:

L'equità: cosa significa veramente?

Kristel Ferrara
Kristel Ferrara
2025-05-14 17:07:31
Numero di risposte: 1
L’e. può essere intesa come molto vicina, nell’ambito dell’economia del benessere, al concetto di giustizia distributiva. In tale chiave, l’e. è prima di tutto un giudizio con cui interpretare gli equilibri di ottimo paretiano a cui giunge un sistema economico e attraverso il quale giustificare un eventuale intervento pubblico a carattere redistributivo. Il termine e., in questo ambito, è talora associato da economisti e scienziati sociali anche al concetto di eguaglianza. In questa accezione l’e., mettendo in discussione l’esito cui giunge il mercato sotto il profilo distributivo, diventa il presupposto fondamentale del secondo teorema dell’economia del benessere. L’e. viene spesso richiamata come principio ispiratore fondamentale di un buon sistema tributario. In termini più specifici, il concetto di e. serve a distribuire l’onere fiscale tra i contribuenti, attraverso l’applicazione dei principi di cosiddetta e. orizzontale ed e. verticale. Il principio di e. verticale afferma che individui con capacità contributiva diversa devono essere tassati in misura diseguale.
Alfonso Romano
Alfonso Romano
2025-05-09 08:55:28
Numero di risposte: 4
L’equità è stata definita come la giustizia del caso singolo, ma il suo ricorso è un criterio decisionale consentito solo in casi eccezionali. Infatti, l’ordinamento giuridico sacrifica la giustizia del caso singolo alla necessità della certezza del diritto, poiché è pericoloso affidarsi alla valutazione soggettiva del giudice. È fondamentale, invece, che i soggetti possano prevedere le conseguenze dei loro comportamenti. Nelle ipotesi eccezionali in cui è ammesso il ricorso all’equità, il giudice non può far prevalere le sue concezioni personali, ma deve far riferimento a quelle accolte dall’ordinamento o comunque ricercare come si sarebbe comportato il legislatore se avesse potuto prevedere il caso.
Fatima Gentile
Fatima Gentile
2025-05-02 12:44:02
Numero di risposte: 5
Essa si sviluppò con lo scopo generale di fornire rimedi legali per i casi in cui il common law fosse inflessibile e, per questo, non potesse risolvere adeguatamente, secondo un’idea di giustizia equa, la questione giuridica contestata. L'equità fa parte delle origini storiche del sistema inglese, sebbene essa sia un campo di diritto separato, perché ha le proprie regole e principi unici, ed è per questo stata amministrata da tribunali differenti. Essi intervengono, in via suppletiva, ogni qualvolta l'applicazione dello stretto diritto risulti in concreto iniqua, operando come criterio di giustizia che tiene conto delle particolarità del caso di specie e delle correlate circostanze umane, al fine di realizzare la cosiddetta "giustizia del caso concreto."
Luisa Sartori
Luisa Sartori
2025-04-22 19:38:36
Numero di risposte: 6
L'equità è il principio di contemperamento di contrapposti interessi rilevanti secondo la coscienza sociale. In ambito processuale, l'equità è il criterio di giudizio in forza del quale il giudice, nel decidere una controversia, fa ricorso a criteri di convenienza e di comparazione degli interessi delle parti, prescindendo dall'applicazione di una norma giuridica.
Gabriella Lombardo
Gabriella Lombardo
2025-04-17 00:11:57
Numero di risposte: 6
L'equità, in diritto, è un criterio di giudizio talvolta ammesso dalla legge. Essa consente al giudice o all'arbitratore, una decisione svincolata dall'applicazione di una norma astratta, ed elaborata invece nella sua coscienza. La dottrina parla perciò dell'equità come di "giustizia del caso singolo" o, meglio, "regola di giudizio del caso singolo". In particolare essa è concepita come criterio per stabilire un equilibrio (equilibrio equitativo) tra interessi di carattere morale e interessi utilitaristici, nei quali vanno compresi quelli che assicurano le esigenze di tutela di obbiettivi pubblici.
Bortolo Gallo
Bortolo Gallo
2025-04-11 06:42:08
Numero di risposte: 6
Viene definita come principio di contemperamento di contrapposti interessi rilevanti secondo la coscienza sociale. All'interno del nostro ordinamento l'equità può assumere diverse funzioni, come ad esempio criterio di valutazione, o criterio di soluzione delle controversie, o ancora come principio fondamentale ai fini dell'integrazione o dell'interpretazione del contratto, contribuendo a determinare gli effetti giuridici che il contratto produrrà, ed a contemperare gli interessi delle parti relativamente all'affare concluso in concreto. Nell'ambito processuale, l'equità assume il valore di criterio di giudizio in base al quale il giudice, nel decidere una controversia, fa ricorso a criteri di convenienza e di comparazione degli interessi delle parti, prescindendo dall'applicazione di una norma giuridica. In dottrina si distinguono due forme di equità, una integrativa, che si ha quando il legislatore rinuncia a predisporre la disciplina legale di particolari aspetti di una fattispecie e preferisce affidare al giudice il compito di intervenire caso per caso; e l'altra sostitutiva, che comporta l'attribuzione al giudice del potere di sostituire integralmente l'applicazione della norma con una propria decisione equitativa.
Moreno Montanari
Moreno Montanari
2025-03-30 19:47:25
Numero di risposte: 4
L’equità quale criterio di giudizio – cosiddetta equità sostitutiva – non va confusa con altri tipi di equità (integrativa), che consentono, per esempio, la liquidazione del danno che non può essere provato nel suo preciso ammontare, ovvero la determinazione dell’oggetto del contratto a opera del terzo. Il criterio equitativo di giudizio consente al giudice di modellare il contenuto della decisione tenendo conto di talune peculiarità del caso concreto, che la decisione secondo diritto non avrebbe potuto salvaguardare adeguatamente. Tuttavia, rimanendo il giudice senz’altro libero di ritenere la regola di equità coincidente con quella di diritto, l’esito del giudizio di equità non necessariamente diverge da quello al quale avrebbe condotto la rigida applicazione della norma giuridica.