Cosa rischia una SRL in caso di fallimento?

Loredana Giuliani
2025-09-17 20:38:21
Numero di risposte
: 16
Le conseguenze del fallimento di una SRL possono essere gravi e includono la perdita del capitale investito per i soci e la possibilità di responsabilità civili e penali per l'amministratore.
La liquidazione giudiziale dell’impresa può essere avviata sia su richiesta autonoma della società, che ritiene non sussistere più i presupposti per la continuazione dell’attività imprenditoriale, a causa dell’impossibilità di far fronte ai debiti.
In questi casi, si apre una procedura concorsuale, caratterizzata dalla cosiddetta “par condicio creditorum”, ossia tutti i creditori partecipano alla ripartizione dell’attivo della società in maniera equa.
Tuttavia, ci sono regioni che permettono a certi crediti di essere privilegiati rispetto ad altri, ad esempio, i crediti di lavoro, i crediti previdenziali, i crediti fiscali, o se ci sono garanzie reali come il pegno o l’ipoteca.
In questi casi, alcuni crediti possono avere un trattamento preferenziale rispetto ad altri nel caso di fallimento di una Srl.
Il curatore fallimentare può agire se rileva atti anomali o comportamenti illeciti durante la gestione dell’amministratore, come la sottrazione di risorse o la falsificazione delle scritture contabili.
In alcuni casi, questi comportamenti possono portare a responsabilità civili e penali più gravi, come il reato di bancarotta.
La prosecuzione di un’attività imprenditoriale in assenza di economicità, ovvero di redditività, equivale a una sorta di prosecuzione indebita dell’attività d’impresa, che continua ad accumulare debiti anziché generare utili.
Questa situazione può comportare responsabilità anche gravi, incluso il rischio di giurisdizione penale.
Nel caso di liquidazione di una Srl, le conseguenze per il socio che ha effettuato un conferimento di capitale sono generalmente limitate, ma perderà il capitale investito.
Le conseguenze più rilevanti riguardano l’amministratore, poiché la sua gestione verrà attentamente scrutinata dal curatore fallimentare.

Anastasio Pellegrino
2025-09-17 20:03:47
Numero di risposte
: 17
Con le società di capitali, i soci sono tutelati e non vedranno mai a rischio il loro patrimonio personale.
Infatti qualora una società di capitali dovesse indebitarsi, i soci perderanno solamente i fondi versati al momento della stipula dell’atto di costituzione della società medesima e i versamenti di capitale avvenuti in seguito.
I soggetti o gli enti creditori pertanto potranno rivalersi esclusivamente sui beni appartenenti alla società chiusa, come conti correnti, beni mobili o immobili, ma non avranno il diritto di pignorare il patrimonio materiale dei soci.
E se quella società di capitali dovesse risultare senza alcun bene, ai creditori non rimane altro che chiederne il fallimento.
Per le società di capitali, i soci saranno responsabili solo nei limiti delle proprie quote e, ad ogni modo, al di sotto di un tetto massimo pari a quanto a loro corrisposto successivamente all’ultimo bilancio di liquidazione.
E se dopo tale bilancio i soci non avessero ottenuto nessun corrispettivo, nella pratica, questi non rischieranno nulla.
Solo le società di capitali, e solo quando queste abbiano contratto debiti con il fisco, nonostante siano state cancellate dal registro delle imprese, continueranno ad essere considerate “vive” dall’Agenzia Entrate Riscossione, la vecchia Equitalia, che per altri cinque anni avrà facoltà di portare la società dinanzi al giudice o richiederne il fallimento.
Tuttavia, per la richiesta di fallimento, il creditore, come anche il fisco italiano, ha a disposizione un solo anno di tempo da quando la società è stata eliminata dal registro delle imprese.
E se la dichiarazione di fallimento da parte del tribunale non sopraggiunga entro l’anno, la società cancellata non potrà più essere dichiarata fallita, nonostante la richiesta del creditore sia pervenuta nei limiti temporali previsti dalla legge.
Lo stesso vale per il fisco: se il tribunale non dichiara fallita quella società chiusa entro un anno, l’Agenzia Entrate Riscossione non potrà più richiedere la fallibilità per quella determinata società, nonostante questa sia considerata ancora in vita fino a cinque anni dalla chiusura.
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