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Cosa cambia per le pensioni di invalidità?

Liliana Bellini
Liliana Bellini
2025-07-13 04:50:17
Numero di risposte : 13
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L'importo dell'assegno di invalidità non potrà più scendere sotto i 603 euro. In pratica, chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995 ed è quindi interamente nel sistema contributivo di calcolo delle pensioni, in caso di invalidità potrà avere l'integrazione al minimo dell'assegno. Per gli assegni invece erogati con il sistema retributivo o con il sistema misto, l'integrazione al minimo, fissato per quest'anno a quota 603,40 euro mensili, era già prevista. L'assegno quindi se non raggiungerà sulla base dei contributi versati i 603 euro al mese del trattamento minimo, sarà integrato fino al raggiungimento di questa cifra. Come dicevamo, per tutti quindi l'assegno ordinario di invalidità non potrà scendere sotto i 603 euro. La novità riguarda i lavoratori che rientrano nel sistema contributivo, cioè coloro che hanno iniziato a lavorare dal 1 gennaio 1996. Fino ad ora l’integrazione al minimo era prevista solo per chi aveva una pensione liquidata con il sistema retributivo o misto, ora invece la misura è prevista per tutti, anche per i per percettori dell'assegno di invalidità interamente contributivo, che fino a questo momento potevano ritrovarsi con importi inferiori al minimo. La sentenza della Consula non ha però effetto retroattivo, ma si applica solo a partire dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, ovvero dal 10 luglio. Secondo la Corte, l'eliminazione dell'integrazione al minimo per l'assegno ordinario d'invalidità liquidato con il sistema contributivo previsto dalla riforma del 1995 non è tale da realizzare il principale obiettivo della stessa, ossia la sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale, perché la tutela aggiuntiva dell'integrazione al minimo era già finanziata tramite la fiscalità generale, come le prestazioni del sistema assistenziale. Peraltro dell'assegno ordinario d'invalidità il lavoratore può aver bisogno anche molto prima del raggiungimento dell'età prevista per il godimento dell'assegno sociale, oggi erogato solo ai cittadini over 67. E, in caso di assegno ordinario d'invalidità di importo modesto, il soggetto in età attiva in ragione dell'invalidità, potrebbe essere esposto al rischio di rimanere, anche per lungo tempo, privo di qualsiasi ulteriore supporto economico, là dove non sussistano i requisiti per ricevere anche l'assegno d'invalidità civile; non abbia una composizione familiare oppure una situazione reddituale o personale che gli consenta di usufruire di ulteriori sostegni, come l'assegno unico e universale oppure l'assegno di inclusione; non abbia la possibilità di trovare altre occupazioni confacenti alle sue attitudini. La Corte ha evidenziato che l'assegno di invalidità si sottrae al giudizio di disvalore espresso dall'ordinamento nei confronti della fuoriuscita anticipata dal mercato del lavoro di soggetti che, pur ancora in possesso di capacità lavorativa, non abbiano tuttavia accumulato una provvista finanziaria idonea a garantire loro, in vecchiaia, un adeguato trattamento pensionistico. L'assegno ordinario d'invalidità, infatti, è destinato a sopperire a situazioni in cui il lavoratore ha perso, per via dell'invalidità, una rilevante percentuale della sua capacità lavorativa e, quindi, la possibilità di accumulare un montante contributivo adeguato. Per tutte queste ragioni, conclude la Corte, la scelta operata dall'articolo 1, comma 16, della legge numero 335 del 1995, di assimilare l'assegno ordinario d'invalidità agli altri trattamenti pensionistici liquidati con il solo sistema contributivo, per assoggettare anche il primo alla previsione di inapplicabilità delle disposizioni sull'integrazione al minimo, è stata ritenuta lesiva dell'articolo 3 della Costituzione, con assorbimento della censura relativa all'articolo 38, secondo comma, della Costituzione.
Erminio Bellini
Erminio Bellini
2025-07-13 01:38:49
Numero di risposte : 15
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Con la sentenza n. 94 del 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 16, della legge n. 335 dell’8 agosto 1995, nella parte in cui non esclude dal divieto di applicazione dell’integrazione al minimo l’assegno ordinario di invalidità erogato tramite il sistema contributivo. Infatti, attualmente, le persone con disabilità che ricevono il suddetto assegno, liquidato però con il sistema retributivo, vedono già applicata al beneficio tale integrazione. Per “integrazione al minimo” dei trattamenti pensionistici si intende un meccanismo che mira ad aumentare l’importo della pensione fino a raggiungere una soglia minima stabilita dalla legge, che corrisponde, a livello quantitativo, all’importo dell’assegno sociale, ovvero 538,69 euro. Secondo i giudici costituzionali, l’esclusione dell’integrazione al minimo per l’assegno ordinario di invalidità erogato a coloro che si sono iscritti al sistema pensionistico dopo il 1995 — ovvero con il sistema contributivo — costituisce una violazione dell’articolo 3 della Costituzione. Anche tali soggetti, secondo la Corte, devono ricevere un assegno che abbia un importo “minimo” pari a quello dell’assegno sociale, da integrarsi attraverso la fiscalità generale. La Corte motiva questa decisione richiamando la natura favorevole che caratterizza la disciplina dell’assegno ordinario di invalidità, contenuta nella legge n. 222 del 1984. La sentenza in oggetto, emanata in data 3 luglio 2025, non ha effetti retroattivi, ma comporterà solamente l’eventuale aumento dell’importo erogato in futuro.
Federica Ferrari
Federica Ferrari
2025-07-13 01:23:46
Numero di risposte : 16
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Fino a ieri, la risposta era chiara: nessuna integrazione, un assegno che dipendeva esclusivamente da quanto versato, e, in molti casi, una pensione troppo bassa. La Corte costituzionale, con la sentenza del 9 luglio 2025, ha finalmente stabilito che anche chi si trova nel sistema puramente contributivo avrà diritto a un assegno di invalidità minimo, fissato per il prossimo anno a 603,40 euro al mese. La sentenza della Corte ha un valore significativo, ma non è retroattiva. Questo significa che i lavoratori che avrebbero potuto beneficiare di questo diritto negli anni passati non riceveranno alcun rimborso per gli arretrati. La nuova regola, infatti, entrerà in vigore solo a partire dalla data di pubblicazione della sentenza, il 9 luglio 2025. Nonostante questo importante passo, il sistema pensionistico italiano ha ancora delle falle da colmare, soprattutto per i giovani lavoratori. Chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996, infatti, rischia di trovarsi con una pensione ben al di sotto di quella che si potrebbe definire una “soglia di dignità”.
Angelina Rossetti
Angelina Rossetti
2025-07-12 23:52:49
Numero di risposte : 9
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Cosa cambia per le pensioni di invalidità? Come ogni anno sono stati rivalutati, collegandoli agli indicatori dell’inflazione e del costo della vita, gli importi delle pensioni, assegni e indennità che vengono erogati agli invalidi civili, ai ciechi civili e ai sordi e i relativi limiti reddituali previsti per alcune provvidenze economiche. La misura della perequazione, definitiva per l’anno 2024 e previsionale per l’anno 2025, è stata applicata anche alle pensioni e agli assegni a favore dei mutilati, invalidi civili, ciechi civili e sordomuti. La percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per l’anno 2024 è determinata in misura pari a +0,8% dal 1° gennaio 2025, salvo conguaglio da effettuarsi in sede di perequazione per l’anno successivo. I limiti di reddito per il diritto alle pensioni in favore dei mutilati, invalidi civili totali, ciechi civili e sordomuti, sono aumentati dell’1,6% rispetto all’anno 2024. Il limite di reddito per il diritto all’assegno mensile degli invalidi parziali e delle indennità di frequenza è quello stabilito per la pensione sociale. Incremento alla pensione degli invalidi civili totali: per i soli invalidi civili totali riconosciuti al 100% (prestazione assistenziale) ricordiamo che oltre alla pensione di invalidità, se sono rispettati i criteri di accesso e i limiti di reddito previsti per il 2025, si ha diritto ad una quota aggiuntiva; questa maggiorazione può raggiungere un importo massimo di €411,84 mensili, che si sommano alla pensione di invalidità riconosciuta per un totale massimo di €747,84. Trattandosi di un “incremento”, ricordiamo che l’importo riconosciuto come maggiorazione sociale varia, ovvero diminuisce o aumenta, in base al reddito dichiarato (invalido single/invalido coniugato). Sono conteggiati tutti i redditi da lavoro dipendente o autonomo, anche occasionale, o a tempo parziale, comprese le borse lavoro comunque denominate, le pensioni previdenziali, incluse quelle ai superstiti (reversibilità), anche le pensioni di invalidità, cecità e sordità, escluse le indennità. Non sono conteggiati il reddito della casa di abitazione, le pensioni di guerra, le indennità di accompagnamento.
Pierfrancesco Sartori
Pierfrancesco Sartori
2025-07-12 23:19:27
Numero di risposte : 11
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La Corte Costituzionale ha stabilito che è illegittimo il divieto di integrazione al minimo per l’assegno ordinario di invalidità. Un’integrazione coprirà la cifra mancante se il lavoratore non riesce, sulla base dei contributi versati, a raggiungere i 603 euro al mese di assegno minimo. La novità tuttavia non coprirà gli assegni di questi tre decenni, perché gli effetti avranno decorrenza dal 10 luglio 2025 per evitare un buco nelle casse dello Stato. La Corte ha ritenuto l’articolo 1 comma 16 della legge lesivo “dell’articolo 3 della Costituzione, con assorbimento della censura relativa all’articolo 38, secondo comma, della Costituzione”, mettendo a rischio chi, prima dell’età prevista per l’assegno sociale, perdesse la capacità lavorativa. In questo caso, ha spiegato il giudice Costituzionale, il lavoratore divenuto inabile “potrebbe essere esposto al rischio di rimanere, anche per lungo tempo, privo di qualsiasi ulteriore supporto economico”. Già nel 2020 era stata una sua sentenza a portare gli assegni di invalidità, sebbene non per tutti, a un massimo di 651 euro.
Alighieri Longo
Alighieri Longo
2025-07-12 23:13:55
Numero di risposte : 16
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La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il divieto di integrazione al minimo per gli assegni di invalidità calcolati con il solo sistema contributivo. È irragionevole e discriminatorio distinguere tra sistema retributivo e contributivo per il calcolo dell’assegno ordinario di invalidità, per consentire poi l’integrazione al minimo solo nel primo caso, tanto più che il sistema contributivo sarebbe tendenzialmente meno favorevole e più restrittivo rispetto a quello retributivo. Tuttavia, la dichiarata illegittimità della disposizione non ha effetto retroattivo: chi ha percepito un importo più basso in passato non riceverà arretrati. L’aumento si applicherà solo ai nuovi assegni di invalidità liquidati dopo l’entrata in vigore della sentenza, cioè dal giorno successivo alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Da quel momento in poi, tutti i trattamenti che risultano inferiori a 603,39 euro verranno automaticamente adeguati a tale soglia. Grazie a questa novità, pertanto, l’integrazione al minimo si applica esclusivamente agli assegni di invalidità, nella misura in cui risultino inferiori all’importo minimo previsto per l’anno di riferimento. Tuttavia, chi ha ricevuto in passato una pensione inferiore per effetto del sistema contributivo non potrà recuperare le somme non percepite.