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A quale protocollo si fa riferimento per la regolarizzazione dei lavoratori in nero?

Jole Villa
Jole Villa
2025-07-20 07:33:54
Numero di risposte : 15
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La regolarizzazione del periodo di lavoro in nero prima dell’accesso ispettivo deve basarsi sul lavoro realmente svolto dal dipendente, sia in termini quantitativi che qualitativi. Retribuzioni e contributi devono essere calcolati secondo il principio dell’effettività delle prestazioni. L’impiego di dipendenti senza preventiva comunicazione del rapporto di lavoro comporta l’applicazione della maxisanzione prevista dall’articolo 3, commi 3 e 3-ter, del decreto legge 12/2002. Il legislatore ha previsto la diffidabilità della sanzione per promuovere la regolarizzazione dei rapporti sommersi. Regolarizzazione del lavoro nero ancora in essere Quando il lavoratore è ancora impiegato in nero al momento dell’accesso ispettivo, il datore deve essere diffidato a instaurare un rapporto subordinato secondo le seguenti modalità: Contratto a tempo indeterminato, anche part time ma non inferiore al 50%. Contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a 3 mesi. Mantenimento in servizio del lavoratore per almeno 90 giorni di calendario. Entro 120 giorni dalla notifica del verbale unico, il datore di lavoro deve: Regolarizzare l’intero periodo di lavoro in nero, secondo le modalità accertate, compreso il versamento dei relativi contributi e premi. Stipulare un contratto di lavoro con effetto retroattivo dalla data di inizio del lavoro accertato. Mantenere in servizio il lavoratore per almeno tre mesi, comprovato dal pagamento delle retribuzioni, contributi e premi scaduti. Pagare la maxisanzione. Il contratto di lavoro deve essere stipulato con decorrenza dalla data di inizio dell’attività accertata, ma l’obbligo di impiegare il dipendente secondo l’orario indicato nel contratto riguarda solo il periodo successivo all’accertamento ispettivo. La dichiarazione di assunzione e l’Unilav devono riportare la data effettiva di inizio del rapporto di lavoro.