Quanta malattia devo fare per essere licenziato?

Armando Rossetti
2025-08-27 01:38:40
Numero di risposte
: 17
Il lavoratore durante la malattia ha diritto alla conservazione del posto per un periodo fissato dalla legge o dal contratto collettivo, generalmente non inferiore a 180 giorni.
Alla scadenza di questo periodo, definito periodo di comporto, il datore di lavoro può interrompere il rapporto di lavoro.
Esistono però delle ipotesi che consentono al datore di lavoro di licenziare il lavoratore anche durante il periodo di comporto:
cessazione totale dell’attività d’impresa: in questo caso tutti i lavoratori vengono licenziati;
licenziamento per giusta causa: avviene per una grave mancanza del lavoratore che rende impossibile la prosecuzione del rapporto;
scadenza del termine del contratto a tempo determinato: se il datore di lavoro non lo rinnova, il contratto si intende automaticamente risolto, anche se il lavoratore è in malattia;
licenziamento per impossibilità sopravvenuta della prestazione: si verifica quando durante la malattia al lavoratore venga diagnosticato uno stato di invalidità permanente che renda impossibile l’espletamento delle mansioni cui era assegnato;
mancato superamento del periodo di prova: durante il periodo di prova il lavoratore può essere licenziato in qualsiasi momento, senza motivazione e senza preavviso;
mancata conferma al termine del periodo di formazione nell’apprendistato: è l’unico momento all’interno di un contratto di apprendistato in cui il datore di lavoro può interrompere il rapporto anche senza una giusta causa o un giustificato motivo.

Romolo Bianco
2025-08-26 23:46:33
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: 14
Puoi licenziare un dipendente che ha superato ~180 giorni di malattia in un anno.
Si può licenziare un dipendente che è sempre in malattia se, e solo se, supera il periodo massimo di giorni stabilito dal CCNL.
Puoi licenziare un dipendente che è stato malato per un tempo superiore al “periodo di comporto”, ovvero al limite dei giorni annuali di malattia previsti dal CCNL.
I giorni di assenza non devono necessariamente essere continuativi: può essere la somma di diversi eventi di malattia.
Il limite di giorni di malattia oltre il quale l’azienda può licenziare dipende dal CCNL.
Dopo il 180esimo giorno è generalmente a carico dell’azienda e non più dell’INPS.

Albino Vitale
2025-08-26 23:25:04
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: 18
Il lavoratore può essere licenziato per malattia sia quando supera il cosiddetto "comporto" sia quando, non superando il comporto, "spezzetta" in modo eccessivo le assenze.
Il periodo di comporto, che viene stabilito caso per caso dai contratti nazionali, è il numero dei giorni al di sotto dei quali l’azienda non può licenziare il dipendente che si assenta per malattia.
Superato il periodo di comporto, però, il lavoratore è licenziabile senza bisogno che il datore di lavoro fornisca particolari motivazioni o giuste cause: e' sufficiente elencare nella lettera di licenziamento il numero dei giorni di assenza.
La giurisprudenza negli ultimi anni si sta orientando decisamente verso la possibilità di licenziare il dipendente che, pur non superando il periodo di comporto, si assenta spesso e per questo motivo ha un rendimento molto più basso di quello dei suoi colleghi.
Il licenziamento senza superamento del comporto rende pero' necessario, per l' azienda, dimostrare di aver subito un danno a causa delle reiterate assenze del dipendente.
Per il calcolo del comporto pero', vanno conteggiati i giorni non lavorativi cadenti nel periodo di assenza per malattia, dovendosi presumere la continuità dell'episodio morboso.
La presunzione di continuita' della malattia, dice la Corte, opera sia per le festività ed i giorni non lavorativi che cadano nel periodo della certificazione, sia nella diversa ipotesi di certificati in sequenza di cui il primo attesti la malattia sino all'ultimo giorno lavorativo che precede il riposo domenicale (ossia fino al venerdì) ed il secondo la certifichi a partire dal primo giorno lavorativo successivo alla domenica (ovvero dal lunedì).
La prova idonea a smentire la suddetta presunzione di continuità puo' essere costituita soltanto dalla dimostrazione dell'avvenuta effettiva ripresa dell'attività lavorativa.
Il calcolo dei giorni di assenza, quindi, va effettuato in base a questi criteri.

Rosanna Negri
2025-08-26 22:44:12
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: 19
Secondo la legge, un datore di lavoro non può licenziare un dipendente perché si prende troppi giorni di malattia.
Ma può succedere, se il dipendente supera il periodo di comporto.
Si tratta di un termine, che indica il lasso di tempo, entro il quale il dipendente può assentarsi per malattia, senza incorrere nel rischio di licenziamento.
La durata del periodo di comporto varia se il dipendente è un impiegato o un operaio.
Per gli impiegati, la durata del periodo di comporto è regolamentata dalla legge (art.6 Regio Decreto Legge n°1825/24), in relazione all’anzianità di servizio:
Tre mesi, se l’anzianità di servizio è inferiore ai 10 anni;
Sei mesi, se l’anzianità di servizio supera i 10 anni.
Se, però, il contratto collettivo prevede condizioni migliori, si applicano queste.
Per gli operai, invece, il periodo di comporto per malattia dipende esclusivamente dal contratto collettivo.
Ad esempio, per il CCNL Commercio e Terziario, viene previsto un periodo di 180 giorni, in un anno solare.
Se, quindi, le assenze del lavoratore superano il periodo di comporto previsto, può scattare il licenziamento che, però, non sarà disciplinare, ma per giustificato motivo oggettivo.
Il licenziamento intimato per il perdurare delle assenze per malattia o infortunio del lavoratore, ma prima del superamento del periodo massimo di comporto fissato dalla contrattazione collettiva o, in difetto, dagli usi o secondo equità, è nullo per violazione della norma imperativa di cui all’articolo 2110, comma secondo, cod. civ.
Perciò, il datore di lavoro non può licenziare il lavoratore per eccessiva morbilità, fino al superamento del periodo di comporto.
In caso di superamento di questo periodo, il lavoratore può essere licenziato per giustificato motivo oggettivo.

Silverio Costa
2025-08-26 21:57:32
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: 20
Di norma, il lavoratore conserva il diritto al posto di lavoro durante la malattia: però, se le assenze superano un certo numero di giorni, non solo cessa l'erogazione dell'indennità, ma il datore di lavoro può procedere con il licenziamento.
Precisamente, quando scatta questo limite?
Secondo la normativa dellINPS e dellINAIL, l'indennità di malattia è erogata per: il 50% della retribuzione media giornaliera dal quarto al ventesimo giorno; il 66,66% dal ventunesimo al centottantesimo giorno.
L'indennità di malattia si interrompe decorsi 180 giorni nell'arco di un anno.
Pertanto, il lavoratore ha diritto a 6 mesi allanno di indennizzo; decorso tale termine, lo stesso non potrà più beneficiare di alcun sostegno economico.
Relativamente, invece, al periodo di conservazione del posto di lavoro, anche noto come periodo di comporto, è anch'esso determinato dai contratti collettivi e, generalmente, coincide con il limite di 180 giorni nellarco di un anno previsto per le indennità INPS: esso vale sia per le assenze continuative che per quelle frammentate.
Infatti, il periodo di comporto per la conservazione del posto di lavoro è simile a quello della malattia, come confermato anche dalla Corte di Cassazione.
Pertanto, se le assenze per infortunio o malattia superano i 180 giorni, il datore di lavoro può legittimamente risolvere il contratto, a meno che l'infortunio non sia stato causato dalla mancata adozione delle misure di sicurezza da parte del medesimo datore di lavoro: in questo caso, infatti, linfortunio non è conteggiato nel periodo di comporto.