Come funziona la gravidanza a lavoro?
Omar Verdi
2025-09-26 11:32:11
Numero di risposte
: 16
Il datore di lavoro deve compiere un’analisi specifica delle condizioni in cui operano le lavoratrici in maternità e dei rischi di esposizione agli agenti chimici, fisici e biologici cui possono essere soggette.
Non appena viene a conoscenza della gravidanza, se sussistono per lavoratrice ed il nascituro:
rischi derivanti dall’ambiente di lavoro;
o dall’esposizione a sostanze pericolose,
il datore di lavoro deve:
modificare temporaneamente le condizioni o l’orario di lavoro.
La lavoratrice in gravidanza può richiedere permessi retribuiti per l’effettuazione di esami, accertamenti o visite mediche in relazione al proprio stato e coincidenti con l’orario di lavoro.
La lavoratrice (salvi i casi di flessibilità previsti) deve astenersi dal lavoro nei due mesi precedenti il parto e nei tre mesi successivi.
La lavoratrice deve comunicare tempestivamente al datore di lavoro il proprio stato di gravidanza;
trasmettergli il certificato medico di gravidanza, redatto dal proprio ginecologo, riportante la data presunta del parto;
seguire scrupolosamente le istruzioni impartitele dal datore a tutela della sua salute e sicurezza.
Gian Ferrara
2025-09-21 06:34:46
Numero di risposte
: 19
Nel momento in cui una lavoratrice informa il proprio datore di lavoro di essere in stato di gravidanza, il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire la sicurezza della lavoratrice e del nascituro, affinché nessun pericolo possa mettere a rischio la sua salute e quella del suo bambino.
Le tutele si applicano in particolare in caso di lavori pericolosi, faticosi e insalubri, ma anche per orari di lavoro notturni.
L’attuazione delle tutele avviene tramite la modifica temporanea delle condizioni di lavoro o dell’orario di lavoro.
Se questo non è possibile il datore di lavoro deve spostare temporaneamente la lavoratrice ad altre mansioni mantenendo lo stesso trattamento economico.
Le mamme lavoratrici dipendenti possono inoltre usufruire di ulteriori tutele, a cui hanno diritto anche i padri dipendenti.
Il congedo di maternità è un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto durante la gravidanza e il puerperio per un totale di 5 mesi.
Le lavoratrici non possono essere licenziate dall’inizio del periodo di gravidanza fino al compimento del 1° anno di età del bambino, salvo casi eccezionali.
Enrica Pagano
2025-09-10 19:17:14
Numero di risposte
: 18
Il congedo di maternità è il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto alle lavoratrici dipendenti durante la gravidanza e il puerperio.
Il diritto al congedo è esteso alle lavoratrici dipendenti, apprendiste, operaie, impiegate, dirigenti, disoccupate o sospese, lavoratrici agricole, lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari, lavoratrici a domicilio, lavoratrici LSU o APU e dipendenti di Amministrazioni Pubbliche.
L’Articolo 16 del Testo Unico vieta di adibire al lavoro le donne: a) durante i 2 mesi precedenti la data presunta del parto; b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto; c) durante i 3 mesi dopo il parto; d) durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta.
La Legge di Bilancio 2019 ha introdotto una notevole novità sul tema, prevedendo una modalità di fruizione alternativa a quella prevista dal comma 1.
Ad oggi, infatti, è riconosciuta alle lavoratrici la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto, entro i 5 mesi successivi allo stesso.
Di conseguenza, le lavoratrici che lo desiderino possono continuare a lavorare fino al termine della gravidanza, rinviando la fruizione dell’intero periodo del congedo di maternità al periodo post-parto.
La fruizione di tale modalità di congedo è subordinata all’attestazione da parte del medico specialista del S.S.N. (o con esso convenzionato) e del medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.
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