Come funziona il lavoro di una dipendente incinta?
Ernesto Monti
2025-10-08 03:38:15
Numero di risposte
: 28
Una donna incinta può essere impiegata solo se è d’accordo.
Una donna incinta può assentarsi dal lavoro mediante semplice avviso.
Durante il periodo di assenza però non riceve lo stipendio.
Il diritto al salario sussiste solo se l’incapacità al lavoro è dovuta a motivi medici.
Trascorso il periodo di prova il datore di lavoro non può licenziare una lavoratrice durante la gravidanza né durante le 16 settimane che seguono il parto.
In questo periodo, per contro, le donne incinte o le madri possono disdire il rapporto di lavoro.
Dopo il parto la lavoratrice non può lavorare per otto settimane.
Non occorre presentare un certificato medico.
Giacinto Giordano
2025-10-01 01:03:51
Numero di risposte
: 19
Il mancato rinnovo del contratto scaduto della dipendente incinta può fare pensare a una ragione discriminatoria.
In mancanza di giustificazioni valide, il mancato rinnovo del contratto scaduto della dipendente incinta può fare pensare a una ragione discriminatoria.
Un datore di lavoro, date le prestazioni lavorative di un dipendente può decidere a sua discrezione di non rinnovare un contratto ma solamente se tale decisione non presenti caratteri discriminatori, che ne rendono la decisione illegittima.
La decisione illegittima è il risultato di un comportamento discriminatorio del datore di lavoro che decide di non rinnovare il contratto di lavoro alla dipendente incinta, mentre lo rinnova ai colleghi uomini che si trovano nelle stesse condizioni contrattuali della dipendente.
Per poter parlare di discriminazione sul posto di lavoro, occorre dimostrare che per l’azienda, la necessità della prestazione di lavoro svolta in precedenza dalla dipendente in gravidanza non sia venuta meno.
La decisione del non rinnovo del contratto non sarà legittima se a un’impiegata venisse negato il rinnovo del contratto a causa della sua gravidanza si tratterebbe di discriminazione sul posto di lavoro basata sul sesso.
Thea Giordano
2025-09-19 03:50:03
Numero di risposte
: 24
Nel momento in cui una lavoratrice informa il proprio datore di lavoro di essere in stato di gravidanza, il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire la sicurezza della lavoratrice e del nascituro, affinché nessun pericolo possa mettere a rischio la sua salute e quella del suo bambino.
Le tutele si applicano in particolare in caso di lavori pericolosi, faticosi e insalubri, ma anche per orari di lavoro notturni.
L’attuazione delle tutele avviene tramite la modifica temporanea delle condizioni di lavoro o dell’orario di lavoro.
Se questo non è possibile, il datore di lavoro deve spostare temporaneamente la lavoratrice ad altre mansioni mantenendo lo stesso trattamento economico.
L’inosservanza di queste tutele da parte del datore è punibile con l’arresto fino a 6 mesi.
Gelsomina Milani
2025-09-10 21:52:29
Numero di risposte
: 24
Il datore di lavoro deve prima di tutto compiere un’analisi specifica delle condizioni in cui operano le lavoratrici in maternità e dei rischi di esposizione agli agenti chimici, fisici e biologici cui possono essere soggette.
Se sussistono per lavoratrice ed il nascituro:
rischi derivanti dall’ambiente di lavoro;
o dall’esposizione a sostanze pericolose,
il datore di lavoro deve:
modificare temporaneamente le condizioni o l’orario di lavoro.
La lavoratrice in gravidanza può richiedere permessi retribuiti per l’effettuazione di esami, accertamenti o visite mediche in relazione al proprio stato e coincidenti con l’orario di lavoro.
Non appena la lavoratrice accerta il proprio stato, deve:
comunicare tempestivamente al datore di lavoro il proprio stato di gravidanza;
trasmettergli il certificato medico di gravidanza, redatto dal proprio ginecologo, riportante la data presunta del parto;
seguire scrupolosamente le istruzioni impartitele dal datore a tutela della sua salute e sicurezza.
Elena De luca
2025-09-10 20:32:41
Numero di risposte
: 22
Il congedo di maternità è il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto alle lavoratrici dipendenti durante la gravidanza e il puerperio.
Il diritto al congedo è esteso alle lavoratrici dipendenti, apprendiste, operaie, impiegate, dirigenti, disoccupate o sospese, lavoratrici agricole, lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari, lavoratrici a domicilio, lavoratrici LSU o APU e dipendenti di Amministrazioni Pubbliche.
Il Testo unico sulla maternità e paternità prevede che tale congedo abbia carattere obbligatorio, in quanto diritto indisponibile della lavoratrice, a cui essa non può in alcun caso rinunciare.
L’Articolo 16 del Testo Unico vieta di adibire al lavoro le donne: a) durante i 2 mesi precedenti la data presunta del parto; b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto; c) durante i 3 mesi dopo il parto; d) durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta.
La Legge di Bilancio 2019 ha introdotto una notevole novità sul tema, prevedendo una modalità di fruizione alternativa a quella prevista dal comma 1.
Ad oggi, infatti, è riconosciuta alle lavoratrici la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto, entro i 5 mesi successivi allo stesso.
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