Chi sono i collaboratori di giustizia più famosi?
Moreno Barbieri
2025-09-26 15:59:54
Numero di risposte
: 24
Tra i collaboratori di giustizia più famosi in Italia ci sono Tommaso Buscetta, Antonino Calderone, Carmine Schiavone, Leonardo Vitale, Carmine Alfieri, Giovanni Pandico e Salvatore Contorno.
I collaboratori di giustizia sono persone condannate, generalmente per reati di mafia, che decidono di confessare alle autorità quello che sanno sui meccanismi interni all’organizzazione criminale di cui hanno fatto parte per ottenere sconti di pena, protezione o altri benefici.
La legge del 1991, prevede per le persone disposte a collaborare «speciali misure di protezione idonee ad assicurarne l’incolumità provvedendo, ove necessario, anche alla loro assistenza».
Le norme che regolano la collaborazione con la giustizia di persone accusate o condannate per reati di mafia furono volute tra gli altri dal magistrato Giovanni Falcone nel 1991.
Non basta dare informazioni alla magistratura per diventare collaboratori di giustizia: è infatti necessario che le informazioni fornite, oltre a essere attendibili, abbiano «carattere di novità o di completezza» oppure appaiano «di notevole importanza per lo sviluppo delle indagini o ai fini del giudizio ovvero per le attività di investigazione».
Come premio per chi decide di collaborare con la giustizia è previsto uno sconto della pena che può essere applicato in vario modo, ma che prevede comunque che il condannato ne sconti almeno un quarto; un assegno di mantenimento nel caso in cui il collaboratore non possa lavorare e non abbia altre entrate economiche; e una forma di protezione per lui e i suoi familiari (spesso con un cambio d’identità e di città).
I collaboratori di giustizia sono inoltre diversi dai testimoni di giustizia, che non hanno preso parte alle attività criminali che denunciano ma ne sono stati testimoni, o a volte ne sono state vittime, e che possono in alcuni casi ottenere forme di protezione simili.
Ai tempi Falcone e altri magistrati impegnati nello scardinamento delle organizzazioni mafiose intuirono che la collaborazione e le informazioni di persone interne ai gruppi criminali sarebbero state uno strumento fondamentale per le indagini, e che fosse necessario introdurre misure per incentivarle.
Marianna Greco
2025-09-13 08:33:10
Numero di risposte
: 17
Il pentito più famoso resta Tommaso Buscetta, il “boss dei due mondi”, che permise con le sue rivelazioni di imbastire il Maxiprocesso e dare una svolta storica nella lotta alla mafia.
Tra i testimoni di giustizia c’è Valeria Grasso, che ha accusato la cosca di San Lorenzo.
Ma anche l’imprenditore siciliano Vincenzo Conticello, ex proprietario dell’Antica focacceria San Francesco di Palermo, accusatore dei suoi estorsori, cui di recente è stata revocata la scorta.
Poi c’è il caso di Piera Aiello, la testimone di giustizia che proprio quest’anno, dopo 27 anni, ha mostrato il suo viso per la prima volta.
Tra questi Gaspare Mutolo, importante pentito che ha dato grosso contributo alla giustizia.
«Il collaboratore di giustizia che ha più familiari al seguito – scrive l’AdnKronos – è “il chimico” di Cosa Nostra, Francesco Marino Mannoia, una ventina in tutto e che ha un regime economico più alto rispetto ad altri ereditato dalla collaborazione che aveva offerto all’Fbi.
Fondamentale, per svelare la verità dopo 26 anni, il contributo del pentito Gaspare Spatuzza.
Federica Barbieri
2025-09-13 05:43:27
Numero di risposte
: 30
Tommaso Buscetta è stato sicuramente il pentito più importante nella storia della mafia, ma in quei primi anni Ottanta, prima di lui, si fecero avanti per collaborare con lo Stato criminali che, pur non essendo “uomini d’onore”, avevano rapporti con Cosa nostra.
Penso ad esempio a Vincenzo Sinagra, un killer che non faceva parte di nessuna “famiglia”, ma “collaborava” con Cosa nostra.
Un altro “pentito”, Vincenzo Marsala, passò dall’altra parte della barricata dopo l’omicidio, avvenuto nel 1983, di suo padre Mariano Marsala, “uomo d’onore” della “famiglia” di Vicari, un paese del palermitano nella zona di Corleone.
Le rivelazioni di Marsala permisero di accertare che la guerra in atto a Palermo aveva avuto tragici effetti anche in provincia.
L’attendibilità di Marsala è stata passata al vaglio della Corte di Assise di Palermo che, anche sulla base delle sue dichiarazioni, ha emesso sentenza di condanna per reati associativi a carico di vari mafiosi.
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