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Chi gestisce i collaboratori di giustizia?

Giulietta Conte
Giulietta Conte
2025-11-13 14:00:37
Numero di risposte : 28
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L’individuazione dei soggetti beneficiari e le modalità di ciascun trattamento sono affidate ad una Commissione di nuova istituzione. Con il decreto legislativo n. 119 del 1993 si stabiliscono le modalità del cambiamento di generalità dei collaboratori di giustizia. La tutela è estesa ai loro familiari. Sono disciplinate in modo diverso anche le dichiarazioni rese dai testimoni di giustizia, che possono riferirsi a qualunque tipo di reato (mentre quelle dei collaboratori riguardano i reati di associazione mafiosa e altri gravi delitti) e non devono avere le caratteristiche previste per i collaboratori (attendibilità intrinseca, novità e completezza, nonché notevole importanza per le indagini o ai fini del giudizio). Inoltre si definiscono nuove regole per i collaboratori di giustizia, al fine soprattutto di indurre il collaboratore a riferire prontamente tutte le informazioni in suo possesso: si stabilisce infatti un termine massimo di 180 giorni decorrenti dalla dichiarazione di volontà di collaborare (che non si applica invece ai testimoni di giustizia).
Flaviana Rossi
Flaviana Rossi
2025-10-30 20:09:52
Numero di risposte : 26
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I collaboratori di giustizia sono gestiti dalla Direzione nazionale antimafia. La legge del 1991, che a parte alcune modifiche è quella in vigore ancora oggi, prevede per le persone disposte a collaborare «speciali misure di protezione idonee ad assicurarne l’incolumità provvedendo, ove necessario, anche alla loro assistenza». Le norme che regolano la collaborazione con la giustizia di persone accusate o condannate per reati di mafia furono volute tra gli altri dal magistrato Giovanni Falcone nel 1991, quando era direttore generale degli affari penali del ministero della Giustizia. Ai tempi Falcone e altri magistrati impegnati nello scardinamento delle organizzazioni mafiose intuirono che la collaborazione e le informazioni di persone interne ai gruppi criminali sarebbero state uno strumento fondamentale per le indagini, e che fosse necessario introdurre misure per incentivarle. Non basta dare informazioni alla magistratura per diventare collaboratori di giustizia: è infatti necessario che le informazioni fornite, oltre a essere attendibili, abbiano «carattere di novità o di completezza» oppure appaiano «di notevole importanza per lo sviluppo delle indagini o ai fini del giudizio ovvero per le attività di investigazione».
Nunzia Palumbo
Nunzia Palumbo
2025-10-30 17:04:27
Numero di risposte : 13
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I collaboratori di giustizia sono gestiti dal Servizio Centrale di Protezione. Il Servizio Centrale di Protezione preferisce che il progetto di vita dei collaboratori di giustizia sia costituito da un bene materiale, ovvero dall’acquisto di una casa, al fine di stabilizzare la situazione logistica del soggetto. L’Agenzia delle Entrate sta provvedendo alla confisca di quei fondi previsti nella capitalizzazione della collaborazione con la giustizia, utilizzati per dare concretezza al “progetto di vita” dei vari pentiti di mafia. I collaboratori di giustizia sono ammessi nel programma di protezione per un certo lasso temporale, che solitamente non supera i 5 anni, nella cui cornice vengono loro assicurati un appartamento in un luogo riservato, un’assistenza economica e un’assistenza legale. Lo Stato assicura l’uscita dal programma, incentivandola attraverso la corresponsione al collaboratore di una somma pari a 5 anni di indennità – siamo intorno ai 40-50mila euro – dietro la presentazione di un cosiddetto “progetto di vita”.