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Chi gestisce i collaboratori di giustizia?

Flaviana Rossi
Flaviana Rossi
2025-10-30 20:09:52
Numero di risposte : 26
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I collaboratori di giustizia sono gestiti dalla Direzione nazionale antimafia. La legge del 1991, che a parte alcune modifiche è quella in vigore ancora oggi, prevede per le persone disposte a collaborare «speciali misure di protezione idonee ad assicurarne l’incolumità provvedendo, ove necessario, anche alla loro assistenza». Le norme che regolano la collaborazione con la giustizia di persone accusate o condannate per reati di mafia furono volute tra gli altri dal magistrato Giovanni Falcone nel 1991, quando era direttore generale degli affari penali del ministero della Giustizia. Ai tempi Falcone e altri magistrati impegnati nello scardinamento delle organizzazioni mafiose intuirono che la collaborazione e le informazioni di persone interne ai gruppi criminali sarebbero state uno strumento fondamentale per le indagini, e che fosse necessario introdurre misure per incentivarle. Non basta dare informazioni alla magistratura per diventare collaboratori di giustizia: è infatti necessario che le informazioni fornite, oltre a essere attendibili, abbiano «carattere di novità o di completezza» oppure appaiano «di notevole importanza per lo sviluppo delle indagini o ai fini del giudizio ovvero per le attività di investigazione».
Nunzia Palumbo
Nunzia Palumbo
2025-10-30 17:04:27
Numero di risposte : 13
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I collaboratori di giustizia sono gestiti dal Servizio Centrale di Protezione. Il Servizio Centrale di Protezione preferisce che il progetto di vita dei collaboratori di giustizia sia costituito da un bene materiale, ovvero dall’acquisto di una casa, al fine di stabilizzare la situazione logistica del soggetto. L’Agenzia delle Entrate sta provvedendo alla confisca di quei fondi previsti nella capitalizzazione della collaborazione con la giustizia, utilizzati per dare concretezza al “progetto di vita” dei vari pentiti di mafia. I collaboratori di giustizia sono ammessi nel programma di protezione per un certo lasso temporale, che solitamente non supera i 5 anni, nella cui cornice vengono loro assicurati un appartamento in un luogo riservato, un’assistenza economica e un’assistenza legale. Lo Stato assicura l’uscita dal programma, incentivandola attraverso la corresponsione al collaboratore di una somma pari a 5 anni di indennità – siamo intorno ai 40-50mila euro – dietro la presentazione di un cosiddetto “progetto di vita”.