Assegnazione casa familiare: di cosa si tratta?

Marianna Greco
2025-06-12 05:44:05
Numero di risposte: 3
L’assegnazione della casa familiare è una decisione presa da un giudice, o un accordo tra i genitori, per stabilire chi rimarrà nella casa in cui la famiglia viveva prima della separazione, del divorzio, o della cessazione della convivenza.
Lo scopo principale di questa decisione è di fare in modo che i figli non debbano trasferirsi e cambiare troppo la loro vita.
L’assegnazione della casa familiare consiste nel decidere chi dei due genitori rimanga nella casa familiare insieme ai figli, in modo che questi possano sentirsi al sicuro e non veder stravolta la propria vita.
In caso di separazione, divorzio, o cessazione della convivenza, l’assegnazione della casa familiare è un tema fondamentale per garantire stabilità e tutela alle parti coinvolte, specialmente ai figli.

Giulio Santoro
2025-06-06 09:14:07
Numero di risposte: 7
L’assegnazione della casa familiare è il provvedimento adottato dal giudice in caso di separazione o divorzio dei coniugi volto ad assicurare ai figli la conservazione dello stesso ambiente domestico necessario a garantire nella quotidianità quei riferimenti affettivi utili e di sostegno ad una crescita serena.
All’art. 337 sexies cc infatti, viene sottolineato come il godimento della casa familiare è disposto tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli, ai quali deve essere assicurato il mantenimento dello stesso ambiente casalingo al fine di rendere meno traumatica la separazione dei genitori.
Considerato quindi, che il principio su cui si basa l’istituto dell’assegnazione della casa familiare è la protezione dell’interesse del minore, la giurisprudenza è ormai granitica nell’affermare che in assenza di figli il giudice non può disporre l’assegnazione dell’abitazione, nemmeno quando il coniuge più debole sia privo di una casa mentre l’altro sia proprietario di più immobili.
Il giudice in tal caso infatti, dovrà sicuramente tenere conto dello squilibrio economico e patrimoniale tra i coniugi in sede di definizione dell’assegno di mantenimento ovvero dell’assegno divorzile.
La Corte di Cassazione si è espressa numerose volte su tali temi e pertanto proviamo a fare chiarezza vedendo di seguito i principi e gli orientamenti consolidati.
Sempre più spesso, anche a causa della precarietà economica che affligge le giovani coppie, la casa ove si stabilisce il nuovo nucleo familiare viene data in prestito dai genitori di uno dei coniugi o dei conviventi.
La Cassazione a Sezioni Unite sin dal 2004 con la sentenza n. 13603/2004, ha espresso il principio ormai granitico – confermato anche nel 2014 con la sentenza n. 20448 e nel 2019 con la sentenza n, 21785 – secondo cui bisogna porre attenzione al termine stabilito nel contratto di comodato d’uso gratuito stipulato tra i genitori ed il coniuge.
Qualora infatti si tratti di comodato d’uso a termine, il Giudice della separazione potrà sicuramente assegnare l’abitazione al genitore collocatario che tuttavia, dovrà rilasciare l’immobile alla scadenza del contratto stesso.
Qualora invece il contratto di comodato, anche verbale, non indica un preciso giorno, mese ed anno di restituzione dell’immobile, lo stesso si ritiene concesso in prestito per venire incontro alle esigenze abitative del nucleofamiliare, pertanto, nonostante la separazione, in caso di assegnazione di detto immobile, fin quando persistono le esigenze abitative, la casa non va restituita.
In definitiva pertanto, al genitore collocatario dei figli, qualora sussistano i presupposti di legge, può essere assegnata la casa di proprietà dei suoceri concessa in prestito al figlio ed adibita ad abitazione familiare.
Ora veniamo invece all’ipotesi in cui la casa adibita ad abitazione familiare sia molto grande e di facile divisione.
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza del 2020 n. 22266, ha confermato il principio secondo cui in alcune situazioni è possibile prevedere l’assegnazione al genitore collocatario di solo una porzione dell’abitazione familiare.
Secondo gli Ermellini infatti, il Giudice chiamato a pronunciarsi sulla separazione o divorzio dei coniugi può disporre l’assegnazione dell’abitazione familiare di proprietà di uno di questi al coniuge collocatario solo se il grado di conflittualità e litigiosità esistente tra i coniugi sia davvero molto lieve e solo qualora l’unità abitativa sia del tutto autonoma e distinta da quella destinata ad abitazione della famiglia ovvero sia agevolmente divisibile.
Tale scelta di limitare o concedere l’assegnazione della casa coniugale ad una porzione soltanto dell’immobile è del tutto discrezionale del giudice il quale – tenuto conto del superiore ed esclusivo interesse del minore – deve anche valutare che tale ipotesi sia idonea ad agevolare la condivisione della genitoriale e a conservare l’ambiente domestico del figlio.
Nel corso degli ultimi anni sempre più spesso i genitori chiedono il collocamento paritetico dei figli presso ciascun coniuge, chiedendo l’attuazione di un calendario di visita che preveda i medesimi tempi di permanenza dei figli con ciascun genitore.
Come conseguenza di tale richiesta, molte volte viene domandato se è possibile richiedere al Giudice l’assegnazione congiunta della casa prevedendo che ogni genitore abiti l’immobile insieme ai figli limitatamente ai periodi di propria spettanza e la lasci dando il “cambio” all’altro genitore quando questi terminano.
Con sentenza n. 6810/2023 la Corte di Cassazione ha recentemente stabilito che una tale disposizione, che presuppone una seria e concordata organizzazione dei genitori, nel rispetto e nell’esercizio della responsabilità genitoriali di ciascuno può essere emessa solo se corrispondente al reale interesse dei minori ed alle loro esigenze di crescita ed essere idonea a consolidare l’habitat e le consuetudini di vita.

Irene Sartori
2025-05-28 01:29:40
Numero di risposte: 3
L’assegnazione della casa familiare è attribuita tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli.
La giurisprudenza ha dato una definizione abbastanza ampia di casa familiare, che non fa parte solo l’immobile all’interno del quale si svolge la vita familare, ma anche i mobili, gli arredi, i servizi e le pertinenze della stessa.
Il presupposto dell’assegnazione della casa familiare è in primo luogo il collocamento presso il coniuge dei figli.
L’articolo 337-sexies tace in merito all’assegnazione della casa familiare in assenza di figli.
Lo scopo dell’assegnazione non è quindi quello di tutelare in sede di separazione giudiziale la posizione del coniuge debole, ma quello di tutelare l’interesse dei figli a vivere e crescere nell’ambiente in cui sono stati abituati a vivere.
Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso in cui l’assegnatario non abiti o cessa di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.
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