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Quando si perde il diritto di assegnazione della casa coniugale?

Emanuela Damico
Emanuela Damico
2025-06-13 05:09:14
Numero di risposte: 1
L’assegnazione della casa familiare è disciplinata principalmente dall’art. 337-sexies cod. civ.. Tuttavia, questa tutela viene meno quando i figli raggiungono la maggiore età e diventano economicamente autosufficienti, poiché il loro interesse prioritario, che costituisce la ragione principale dell’assegnazione, viene a mancare. La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 32151/2023, ha stabilito che l’assegnazione dell’abitazione coniugale deve cessare quando i figli diventano economicamente autosufficienti, poiché viene a mancare la ragione principale dell’assegnazione stessa. L’introduzione di un nuovo compagno o di una nuova compagna nella vita dell’ex coniuge può influire sul diritto all’assegnazione della casa coniugale. La legge stabilisce che il diritto a vivere nella casa familiare termina se l’assegnatario smette di risiedervi stabilmente, inizia una convivenza con una nuova persona o si sposa nuovamente. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 308/2008, ha affermato che la norma non deve essere intesa nel senso che queste circostanze comportino automaticamente la perdita del diritto alla casa. Se vi sono figli minori (o maggiorenni ma non autosufficienti economicamente), il giudice deve sempre valutare prioritariamente il loro interesse. Di conseguenza, la legge va interpretata nel senso che l’assegnazione della casa coniugale non viene automaticamente annullata quando si verificano eventi come una nuova convivenza o matrimonio, ma la revoca dell’assegnazione deve essere valutata in base all’interesse dei figli.
Kai Sala
Kai Sala
2025-06-06 20:11:09
Numero di risposte: 5
Il momento in cui l’assegnazione della casa viene meno è quando il coniuge assegnatario non ha più bisogno di abitare nella casa familiare per il bene dei figli. L’assegnazione della casa viene disposta dal giudice soltanto se la coppia abbia figli minori o maggiorenni ma non autosufficienti. L’assegnazione della casa familiare si perde quando il figlio, divenuto maggiorenne, trova un lavoro e diventa pertanto economicamente autonomo. L’assegnazione si perde anche quando il figlio si trasferisce stabilmente a vivere altrove, magari perché si sposa o inizia una relazione stabile con un’altra persona. L’assegnazione termina anche in presenza di figli minori, quando cambia la cd. collocazione del figlio. La legge intende assicurare ai figli la conservazione dell’habitat domestico, per questa ragione la casa segue il figlio. Sulla carta vi è anche un altro caso in cui il genitore assegnatario perde il diritto di abitare nella casa familiare, si tratta del caso in cui detto assegnatario conviva con il proprio nuovo partner in quella stessa abitazione, appartenente all’altro coniuge. Un altro caso in cui si perde l’assegnazione della casa familiare si verifica quando il genitore assegnatario si trasferisce con il figlio minore in un’altra abitazione, lasciando vuota la prima. In questo caso, l’altro genitore può chiedere e ottenere la restituzione dell’immobile, sempre che ne sia il proprietario.
Maddalena Gatti
Maddalena Gatti
2025-05-26 23:01:50
Numero di risposte: 5
Il provvedimento di assegnazione della casa familiare viene meno nei seguenti casi: – se l’assegnatario vi rinuncia; – quando il figlio diventa economicamente autonomo (se sono più di uno, quando l’ultimo dei figli diventa indipendente); – quando il figlio, anche se non indipendente dal punto di vista economico, si trasferisce a vivere stabilmente altrove. Nel caso in cui il trasferimento sia dovuto a ragioni di studio (ad esempio, il figlio che va a studiare in altra città), le situazioni vanno valutate caso per caso, ma in via prevalente si ritiene che l’assegnazione debba rimanere in vita fino a che non si interrompe in maniera stabile il rapporto con l’abitazione. Pertanto, è escluso che l’assegnazione della casa coniugale possa essere applicata alle coppie senza figli, anche nel caso in cui ci sia notevole divario tra le condizioni economiche dei coniugi e l’uso della casa possa assumere una funzione riequilibratice del divario nell’assetto economico dei coniugi. Certamente, in sede di separazione personale i coniugi che non hanno figli sono liberi di regolare l’utilizzo della casa, prevedendo che uno dei due vi rimanga a vivere a titolo gratuito, ma è necessario che siano entrambi d’accordo (separazione consensuale). Se non sono d’accordo ed avviano una separazione giudiziale, il Tribunale non potrà disporre l’assegnazione della casa coniugale in favore di uno dei due, in quanto, per legge, l’assegnazione è prevista soltanto a tutela dei figli.
Bacchisio D'amico
Bacchisio D'amico
2025-05-26 20:56:20
Numero di risposte: 3
Il diritto di abitazione nella casa coniugale cessa non appena i figli perdono il diritto di essere mantenuti. Le principali circostanze in cui questo accade sono: Figli maggiorenni autosufficienti: Quando il figlio raggiunge l’autonomia economica, il diritto di abitazione cessa. Figli non autosufficienti che non studiano o cercano lavoro: Anche in questo caso, il genitore che li ospita deve restituire l’immobile. Figli maggiorenni che, nonostante ricerchino lavoro, hanno superato i 30/35 anni: La legge considera colpevole lo stato di disoccupazione oltre una certa età, facendo cessare il diritto alla casa familiare. Figli che studiano senza profitto: Quando il figlio non ottiene risultati nello studio, perde il diritto al mantenimento e, quindi, alla casa coniugale. Figli che vivono da soli: Il figlio che si trasferisce in un altro luogo, a prescindere dal fatto che stia studiando o lavorando, fa cessare il diritto di abitazione. Il diritto di abitazione nella casa coniugale cessa quando i figli non hanno più diritto al mantenimento. Questo può avvenire in varie circostanze legate all’età e alla situazione lavorativa o di studio del figlio.
Giobbe Longo
Giobbe Longo
2025-05-26 19:29:12
Numero di risposte: 3
Il diritto di abitare nella casa coniugale è strettamente legato alla presenza dei figli. Se i figli raggiungono la maggiore età, diventano economicamente indipendenti o decidono di andare a vivere altrove, il coniuge assegnatario perde il diritto di abitare nell'immobile. In questi casi, il coniuge che detiene la proprietà della casa può richiederne il rilascio. Se il coniuge assegnatario della casa decide di instaurare una convivenza stabile e duratura con un nuovo partner, perde il diritto di rimanere nella casa coniugale. La legge interpreta questo cambiamento come una cessazione della necessità di mantenere l'ambiente domestico precedente, poiché si forma una nuova famiglia. Inoltre, l’assegnazione della casa coniugale può essere revocata se il coniuge assegnatario cambia la destinazione d’uso dell’immobile senza il consenso dell’ex coniuge o del giudice. Questo accade, ad esempio, se l’immobile viene trasformato in un’attività commerciale o se viene affittato a terzi. Infine, se il coniuge non assegnatario decide di vendere la casa, il diritto di assegnazione del coniuge assegnatario può decadere, ma solo in determinate condizioni e dopo il coinvolgimento di un giudice. Tuttavia, i diritti dei figli vengono sempre tutelati.
Ippolito Greco
Ippolito Greco
2025-05-26 19:15:11
Numero di risposte: 6
Il diritto di godimento della casa familiare viene meno quando l’assegnatario non abita o cessa di abitare stabilmente nella casa coniugale ovvero conviva o contragga nuovo matrimonio. La revoca dell’assegnazione viene disposta inoltre quando vengono meno i presupposti che giustificano il provvedimento come per esempio il raggiungimento della maggiore età e dell’autonomia economica dei figli. Per mantenere l’assegnazione della casa familiare è necessario quindi un collegamento stabile del figlio con l’abitazione assegnata al genitore. Non sussisteranno pertanto i presupposti necessari qualora il rientro a casa sia solo saltuario, in quanto tale circostanza configurerebbe un semplice rapporto di ospitalità. Secondo infatti il Tribunale di Milano la nozione di convivenza rilevante agli effetti dell’assegnazione della casa familiare comporta sì la stabile dimora del figlio presso l’abitazione di uno dei genitori, che deve però intendersi in senso ampio quando comunque sussista “un collegamento stabile con l’abitazione del genitore, benché la coabitazione possa non essere quotidiana, essendo tale concetto compatibile con l’assenza del figlio anche per periodi non brevi per motivi di studio o di lavoro, purché egli vi faccia ritorno regolarmente appena possibile, in una determinata unità di tempo”. Alla luce di quando sancito dal Tribunale di Milano si può quindi affermare che il semplice trasferimento del figlio, non economicamente autosufficiente, non legittima la revoca dell’assegnazione della casa familiare. Sarà pertanto necessario che il figlio stabilizzi i propri legami e la propria quotidianità nel luogo del trasferimento per poter dimostrare l’interruzione del legame con l’abitazione. Solo dopo tale radicamento potrà essere disposta la revoca del diritto di abitazione nella casa familiare.