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Cosa succede se ti licenzi in maternità?

Moreno Colombo
Moreno Colombo
2025-09-13 18:39:53
Numero di risposte : 35
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La lavoratrice madre che presenta dimissioni volontarie durante il periodo tutelato contro il licenziamento, quindi fino al compimento del primo anno di vita del bambino, ha diritto a percepire il trattamento di NASpI. A tal fine, tuttavia, la lavoratrice è obbligata a seguire una procedura particolare per presentare le proprie dimissioni volontarie, che devono essere convalidate presso la Direzione Territoriale del Lavoro competente. Solo in presenza della convalida le dimissioni diventano effettive e danno diritto al sussidio di disoccupazione. La legge prevede inoltre che la lavoratrice che si dimette durante il primo anno di vita del bambino non è tenuta a rispettare gli ordinari termini di preavviso: il datore di lavoro è dunque tenuto a corrispondere la relativa indennità. La Sezione lavoro della Corte di Cassazione, con sentenza n. 4919 del 03 marzo 2014, ha stabilito che, in caso di dimissioni presentate dalla lavoratrice madre prima del compimento di un anno di età del bambino è sempre dovuta l’indennità sostitutiva del preavviso prevista dall’art. 55 del D.Lgs. n. 151/2001 anche qualora le stesse risultino preordinate all’assunzione della lavoratrice, e dei soggetti ad essa equiparati, alle dipendenze di altro datore di lavoro.
Fabrizio Ferretti
Fabrizio Ferretti
2025-09-08 12:58:58
Numero di risposte : 15
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Il licenziamento di una lavoratrice in gravidanza o in maternità è espressamente vietato dalla legge per garantire la stabilità economica e la tutela della salute della madre e del bambino. Il licenziamento è vietato dal momento in cui inizia la gravidanza, durante l’intero periodo di congedo di maternità obbligatorio e fino al compimento di un anno di età del bambino. Se una lavoratrice viene licenziata senza una delle eccezioni previste, il licenziamento è da considerarsi nullo e può essere impugnato. La lavoratrice deve contestare formalmente il provvedimento con una lettera raccomandata A/R o PEC entro 60 giorni dalla ricezione della lettera di licenziamento. Un legale esperto in diritto del lavoro può assistere la lavoratrice nella richiesta di reintegrazione sul posto di lavoro o di risarcimento economico. Se il licenziamento viene dichiarato nullo, il datore di lavoro può essere obbligato a reintegrare la lavoratrice nel suo ruolo originario, con pagamento degli stipendi arretrati, o a versare un risarcimento economico.
Ninfa Marino
Ninfa Marino
2025-08-29 21:57:47
Numero di risposte : 14
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In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto, a norma dell’articolo 54, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. La lavoratrice e il lavoratore che si dimettono nel predetto periodo non sono tenuti al preavviso. In caso di dimissioni volontarie nel periodo in cui opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice madre ha diritto, a norma dell’art. 55 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, alle indennità previste dalla legge o dal contratto per il caso di licenziamento, ivi compresa l’indennità sostitutiva del preavviso, indipendentemente dal motivo delle dimissioni e, quindi, anche nell’ipotesi in cui esse risultino preordinate all’assunzione della lavoratrice alle dipendenze di altro datore di lavoro. La lavoratrice che si dimetta, anche non per giusta causa, da 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del figlio, avrà diritto a percepire l’indennità di disoccupazione-Naspi. In caso di dimissioni ovvero di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, la lavoratrice debba convalidare la risoluzione avanti al servizio ispettivo del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Oretta Pellegrino
Oretta Pellegrino
2025-08-29 19:56:36
Numero di risposte : 40
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Se ti licenzi in maternità, puoi presentare dimissioni volontarie prive di preavviso sia come quasi-mamma sia come mamma fino al compimento dell'anno di vita del minore e successivamente richiedere la domanda di NaSpi, ovvero indennità di disoccupazione. Le dimissioni volontarie prive di preavviso per essere considerate valide devono essere presentate e convalidate presso le Direzioni Territorialidel Lavoro a norma dell’art. 4, comma 17 e seguenti della Legge n. 92/2012. In questo modo puoi dimetterti “dall’oggi al domani” e rimanere a casa con il proprio bimbo, vedendoti garantito un sussidio statale pari al 75% della media della paga base lorda degli ultimi 48 mesi, per un periodo pari al 50% delle settimane lavorate negli ultimi 48 mesi. Ci sono quasi-mamme e/o mamme che hanno usufruito di questa casistica vedendosi riconosciuta un’indennità di disoccupazione di 24 mesi. Trattandosi di procedure delicate il consiglio è quello di rivolgersi sempre ad un professionista del settore cosi da non compiere passi falsi e godere sempre di un supporto esperto.
Pacifico Benedetti
Pacifico Benedetti
2025-08-29 19:51:52
Numero di risposte : 26
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Il decreto legislativo n. 151/2001 stabilisce chiaramente che è vietato licenziare le lavoratrici madri dal momento iniziale della gravidanza fino al compimento del primo anno di età del bambino. Questo periodo è considerato sacrosanto, e qualsiasi tentativo di licenziamento durante questo lasso di tempo è automaticamente illegittimo. Se una lavoratrice madre viene licenziata nel periodo protetto, la legge prevede conseguenze molto severe per l’azienda. Il licenziamento è automaticamente nullo, e la lavoratrice ha il diritto di essere reintegrata nel proprio posto di lavoro, rappresentando un principio fondamentale a tutela della maternità nel mondo del lavoro. Inoltre, l’azienda è tenuta a pagare tutte le retribuzioni e contributi dal momento del licenziamento fino al rientro della dipendente in azienda, assicurando così una protezione economica alla lavoratrice durante il periodo di assenza forzata. Qualora la lavoratrice decida di non tornare in azienda, per motivazioni personali o professionali, può richiedere un’indennità sostitutiva della reintegra, insieme a tutti gli stipendi maturati nel frattempo.
Tristano Silvestri
Tristano Silvestri
2025-08-29 18:27:51
Numero di risposte : 24
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Il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza, e la lavoratrice, licenziata nel corso di tale periodo può presentare al datore di lavoro idonea certificazione dalla quale risulti l'esistenza all'epoca del licenziamento, delle condizioni che lo vietavano. Il licenziamento intimato in violazione delle norme a tutela della maternità è nullo, con la conseguenza che il rapporto va considerato come mai interrotto e che la lavoratrice ha diritto alla riammissione in servizio e alle retribuzioni medio tempore maturate. Ciò comporta che il datore di lavoro che licenzia una lavoratrice durante il periodo di interdizione non può addurre a sua giustificazione la non conoscenza dello stato della sua dipendente, sempre che la lavoratrice presenti al datore di lavoro anche successivamente al licenziamento idonea certificazione dalla quale risulti l'esistenza all'epoca del licenziamento della condizione che lo vietavano. Il comma 3, dell’art. 54 del d.lgs. 151/2001 precisa che il divieto di licenziamento delle lavoratrici madri prevede alcune deroghe: a) in caso di colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro ; b) in caso di cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è addetta; c) in caso di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine; d) in caso di esito negativo della prova; resta fermo il divieto di discriminazione di cui all'art. 4 della l. 125/1991 e successive modificazioni . In tema di cessazione o chiusura dell'azienda va ricordato che nella recente sentenza di Cassazione n.145151/2018 è stato specificato che tale deroga NON può essere estesa come spesso si è verificato in giudici di merito, anche al caso di chiusura di un singolo reparto in cui opera la dipendente. In quest’ultimo caso, dunque il licenziamento deve essere considerato illegittimo, ai sensi dell’articolo 54, comma 1 del dlgs. 151 2001.