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Quali sono i presupposti per la revoca dell'assegnazione della casa coniugale?

Michael Caputo
Michael Caputo
2025-06-14 00:59:33
Numero di risposte: 6
La revoca dell’assegnazione della casa familiare è provvedimento che ha come esclusivo presupposto l’accertamento del venir meno dell’interesse dei figli alla conservazione dell’habitat domestico in conseguenza del raggiungimento della maggiore età e del conseguimento dell’autosufficienza economica o della cessazione del rapporto di convivenza con il genitore assegnatario. In tema di modifica delle condizioni di divorzio, il figlio maggiorenne che assuma di non essere economicamente autosufficiente ha interesse a sostenere le ragioni del genitore assegnatario della casa coniugale, nei cui confronti sia formulata domanda di revoca dell’assegnazione. La revoca dell’assegnazione della casa coniugale è da ritenersi subordinata, pur nel silenzio della disposizione normativa, alla valutazione di rispondenza all’interesse della prole. In tal senso, va escluso che la convivenza del coniuge assegnatario sia elemento sufficiente a determinare la revoca ed è, al contrario, rilevante l’interesse del figlio al permanere nell’ambiente domestico in cui è cresciuto, tale da garantirgli il mantenimento delle consuetudini di vita e delle relazioni sociali che in tale ambiente si sono radicate. La revoca dell’assegnazione della casa familiare al coniuge beneficiario dell’assegno divorzile non giustifica l’automatico aumento di tale assegno, trattandosi di un provvedimento che ha come esclusivo presupposto l’accertamento del venir meno dell’interesse dei figli alla conservazione dell'”habitat” domestico, in conseguenza del raggiungimento della maggiore età e del conseguimento dell’autosufficienza economica, o della cessazione del rapporto di convivenza con il genitore assegnatario. Tale titolo resta dunque valido ed opponibile fino alla revoca o modifica del provvedimento di assegnazione, ovvero fino al venire meno della sua naturale durata, costituita dal raggiungimento della maggiore età del figlio affidato al coniuge assegnatario dell’immobile. Si ha la revoca dell’assegnazione della casa familiare quando il legame con la casa familiare, dei figli, maggiorenni, anche se non economicamente autosufficienti, risulta reciso ovvero quando la casa familiare non costituisce più l’ambiente domestico necessario a garantire, nella quotidianità, il riferimento affettivo utile e di sostegno ad una crescita sana.
Michele Rizzo
Michele Rizzo
2025-06-08 13:57:55
Numero di risposte: 3
La Corte costituzionale ha preso posizione su uno degli aspetti più controversi della riforma in tema di affidamento condiviso dei figli in sede di separazione e divorzio. L'art. 155 quater c.c. introdotto dall'art. 1 comma 2 della legge 8 febbraio 2006, n. 54 dopo aver ribadito che l'assegnazione della casa familiare è disposta "tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli" prevede quattro ipotesi in cui "il diritto al godimento della casa familiare viene meno" e cioè il caso in cui l'assegnatario non abiti stabilmente in casa, cessi del tutto di abitarvi o vi inizi a convivere con altro partner o contragga un nuovo matrimonio. Due sono state le interpretazioni di questa norma. La prima che il "venir meno" stesse a significare la revoca di diritto dell'assegnazione. La seconda interpretazione negava invece ogni automatismo e suggeriva di considerare le situazioni indicate come presupposti possibili di un giudizio di revoca. Era prevalsa quest'ultima interpretazione sintetizzata molto bene da un provvedimento del Tribunale di Napoli del 9 novembre 2006 che aveva affermato il seguente principio: In tema di divorzio, la revoca dell'assegnazione della casa coniugale all'ex coniuge con cui convive il figlio maggiorenne, ma non economicamente autosufficiente, non va disposta automaticamente, anche qualora l'abitazione sia di proprietà esclusiva dell'altro coniuge, e l'assegnatario ivi conviva stabilmente more uxorio con altra persona, in quanto deve sempre valutarsi, in via preminente, l'interesse del figlio, in funzione del quale l'abitazione è stata assegnata. La Corte costituzionale ha richiamato il principio generale secondo cui la dichiarazione di illegittimità di una norma è giustificata solamente dalla constatazione che non ne è possibile una interpretazione conforme alla Costituzione e ha dato alla norma l'interpretazione costituzionale che è quella di interpretare l'indicazione normativa "nel senso che l'assegnazione della casa coniugale non venga meno di diritto al verificarsi degli eventi di cui si tratta ma che la decadenza dalla stessa sia subordinata ad un giudizio di conformità all'interesse del minore".
Antimo Monti
Antimo Monti
2025-05-31 08:24:26
Numero di risposte: 2
Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso in cui l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Pertanto, quando il legame con la casa familiare dei figli, maggiorenni, anche se non economicamente autosufficienti, risulta reciso ovvero quando la casa familiare non costituisce più l'habitat domestico necessario a garantire, nella quotidianità, il riferimento affettivo utile e di sostegno ad una crescita sana si avrà la revoca dell'assegnazione. Appare evidente che il trasferimento della residenza del figlio costituisce un valido motivo di decadenza dal diritto di godere della casa familiare, posto che l'allontanamento determina una cesura, di tipo psicologico e ancor prima materiale, tra l'ambiente domestico ed il figlio. L'indagine del giudice deve tenere conto di svariati elementi, quali l'abitualità e la durata degli spostamenti o la frequenza dei ritorni. Ove dovesse risultare definitivamente spezzato il nesso tra il consueto contesto abitativo e l'attuale assetto esistenziale dei figli si può agire in giudizio per richiedere la revoca dell'assegnazione.
Gianni Sartori
Gianni Sartori
2025-05-22 08:01:47
Numero di risposte: 6
Il diritto di godimento della casa familiare viene meno quando l’assegnatario non abita o cessa di abitare stabilmente nella casa coniugale ovvero conviva o contragga nuovo matrimonio. La revoca dell’assegnazione viene disposta inoltre quando vengono meno i presupposti che giustificano il provvedimento come per esempio il raggiungimento della maggiore età e dell’autonomia economica dei figli. Alla luce del suddetto dettato normativo ci si chiede in particolare se l’instaurazione da parte del figlio di una vita autonoma rispetto ai genitori, anche se non dal punto di vista economico, è presupposto sufficiente per ritenere reciso il legame con la casa familiare con conseguente revoca del diritto di abitazione del coniuge. La giurisprudenza degli ultimi anni ha sancito che uno dei presupposti rilevanti ai fini del mantenimento del suddetto istituto è la convivenza tra il genitore collocatario ed il figlio che deve consistere in una stabile abitazione dello stesso presso la casa familiare di uno dei genitori con solo eventuali ed occasionali allontanamenti per previ periodi. Non sussisteranno pertanto i presupposti necessari qualora il rientro a casa sia solo saltuario, in quanto tale circostanza configurerebbe un semplice rapporto di ospitalità. Per mantenere l’assegnazione della casa familiare è necessario quindi un collegamento stabile del figlio con l’abitazione assegnata al genitore. Il Tribunale di Milano ha ritenuto che, anche considerata la novità di tale trasferimento, il figlio certamente sarebbe rientrato nella sua casa nei periodi di interruzione delle lezioni, nei periodi di vacanze e anche durante l’anno nel fine settimana, non facendo pertanto venire meno il collegamento stabile con l’abitazione del genitore e la sussistenza della convivenza, rilevante non solo sotto il profilo dell’assegnazione della casa ma anche per la legittimazione attiva a ricevere l’assegno. La nozione di convivenza rilevante agli effetti dell’assegnazione della casa familiare comporta sì la stabile dimora del figlio presso l’abitazione di uno dei genitori, che deve però intendersi in senso ampio quando comunque sussista “un collegamento stabile con l’abitazione del genitore, benché la coabitazione possa non essere quotidiana, essendo tale concetto compatibile con l’assenza del figlio anche per periodi non brevi per motivi di studio o di lavoro, purché egli vi faccia ritorno regolarmente appena possibile, in una determinata unità di tempo”. Il trasferimento del figlio pertanto, secondo il Giudice di Milano non esclude che lo stesso rientrerà, compatibilmente con le sue esigenze di studio e gli impegni delle lezioni, in quella che è sempre stata la sua casa di riferimento presso il genitore con cui viveva per mantenere tutti i rapporti amicali e i legami parentali che ha tessuto nel suo territorio di riferimento. Alla luce di quanto sancito dal Tribunale di Milano si può quindi affermare che il semplice trasferimento del figlio, non economicamente autosufficiente, non legittima la revoca dell’assegnazione della casa familiare. Sarà pertanto necessario che il figlio stabilizzi i propri legami e la propria quotidianità nel luogo del trasferimento per poter dimostrare l’interruzione del legame con l’abitazione. Solo dopo tale radicamento potrà essere disposta la revoca del diritto di abitazione nella casa familiare.
Filippo D'angelo
Filippo D'angelo
2025-05-22 07:39:01
Numero di risposte: 7
La revoca dell’assegnazione dell’abitazione familiare costituisce una sopravvenienza sfavorevole per l’ex coniuge che ne sia stato assegnatario, la quale è suscettibile di essere valutata, ai fini della verifica dei presupposti per la revisione delle condizioni di divorzio ai sensi dell’art. 9, comma 1, L. n. 898 del 1970, tanto più quando si accompagna all’acquisto della disponibilità materiale della stessa da parte dell’altro ex coniuge che ne sia proprietario esclusivo. L’assegnazione della casa familiare viene disposta per garantire ai figli minorenni o maggiorenni economicamente non autosufficienti la conservazione del loro habitat familiare, ma lo è altrettanto il fatto che, a prescindere da tale funzione, detta assegnazione ha, indubbiamente, dei riflessi economici, dei quali il giudice deve tenere conto ai fini della determinazione dell’assegno dovuto all’altro coniuge per il suo mantenimento o per quello dei figli, perché consente al genitore assegnatario di evitare la ricerca di una diversa abitazione che invece deve essere reperita dall’altro genitore. Il godimento della casa familiare costituisce un valore economico che di regola corrisponde al canone ricavabile dalla locazione dell’immobile. Al contempo, la revoca dell’assegnazione della casa familiare costituisce una modifica peggiorativa delle condizioni economiche del genitore che ne fruisce insieme ai figli e una sopravvenienza migliorativa per l’altro che ne sia il proprietario esclusivo, il quale, ad esempio, può andarvi ad abitare o concedere il bene in locazione a terzi o comunque impiegarlo in attività produttive, compiendo, in sintesi, attività suscettibili di valutazione economica che durante l’assegnazione all’altro genitore non erano consentite.
Violante Grassi
Violante Grassi
2025-05-22 03:51:21
Numero di risposte: 6
Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso in cui il genitore assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare, ovvero conviva more uxorio o contragga un nuovo matrimonio. L’art. 337-sexies comma I c.c. sancisce che il diritto al godimento della casa familiare da parte del genitore assegnatario venga meno nei seguenti casi: non vi abiti, cessa di abitarvi stabilmente, conviva more uxorio, contragga nuovo matrimonio. La Corte di Cassazione ha quindi affermato che la revoca dell’assegnazione possa basarsi sui principi generali sanciti dall’art. 337-sexies comma I c.c. nel caso in cui il genitore assegnatario non abbia più la propria abitazione “effettiva” nell’immobile già adibito a casa coniugale. Ciò in quanto il provvedimento di revoca ha come esclusivo presupposto l’accertamento del venir meno dell’interesse dei figli alla conservazione dell’habitat domestico, in conseguenza del raggiungimento della maggiore età e del conseguimento dell’autosufficienza economica, o della cessazione del rapporto di convivenza con il genitore assegnatario.