Cosa comporta l'assegnazione della casa coniugale?

Claudia Gatti
2025-06-24 13:53:53
Numero di risposte: 9
L’assegnazione della casa familiare è un provvedimento finalizzato a proteggere i figli minorenni ed a consentire loro di continuare a vivere, anche dopo la separazione dei genitori, nel medesimo habitat, nell’ambiente domestico che loro identificano come “casa”, dove hanno i loro oggetti e le loro abitudini.
L’assegnazione prescinde dal diritto di proprietà e non lo intacca, ma va a costituire un diritto personale di godimento sulla casa familiare in favore del genitore convivente con i figli minorenni, che ha, pertanto, il diritto di abitare l’immobile.
In altre parole, il proprietario della casa rimane tale, ma la disponibilità dell’immobile viene vincolata all’interesse dei figli ed al loro di diritto di crescere in modo equilibrato e sereno.
L’assegnazione della casa familiare corrisponde, peraltro, ad una modalità diretta di mantenimento dei figli e quando è di proprietà di uno dei genitori o di entrambi, va considerata anche ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento, in quanto comporta un risparmio di spese abitative per il genitore assegnatario.
Se si tratta di immobile in locazione, l’assegnatario subentra in automatico nel contratto di locazione in essere, assumendo gli obblighi del conduttore.
La giurisprudenza ha chiarito che l’assegnazione della casa familiare può essere disposta soltanto in presenza di figli minorenni o di figli maggiorenni non economicamente autosufficienti.
Pertanto, è escluso che l’assegnazione della casa coniugale possa essere applicata alle coppie senza figli, anche nel caso in cui ci sia notevole divario tra le condizioni economiche dei coniugi e l’uso della casa possa assumere una funzione riequilibratice del divario nell’assetto economico dei coniugi.

Antonia Marchetti
2025-06-17 21:04:51
Numero di risposte: 11
L'assegnazione della casa coniugale costituisce un diritto personale di godimento, ma non è in alcun modo assimilabile ad un diritto reale.
Il bene oggetto della assegnazione, stabilita con provvedimento giudiziale, può ben essere venduto oppure oggetto di espropriazione immobiliare.
Ovviamente all'acquirente sarà sempre opponibile il diritto dell'assegnatario ad utilizzare il bene, finchè ne sussistano i presupposti previsti dalla legge.
Il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario, avendo per definizione data certa, è opponibile al terzo acquirente per nove anni anche se non trascritto, se, invece, viene trascritto e' opponibile anche oltre i nove anni.
Ciò significa che chi acquista un immobile che il giudice ha assegnato alla ex del proprietario, acquista un immobile occupato.
Cioè il terzo acquista la proprietà ma non può entrare in possesso dell'immobile in virtù del provvedimento di assegnazione del giudice che ha un valore maggiore rispetto al diritto di proprietà.
Quindi anche se il provvedimento di assegnazione della casa familiare non è trascritto presso la Conservatoria dei Registri immobiliari, la moglie alla quale è stata assegnata la casa può opporre al terzo acquirente il titolo di assegnazione per un periodo di nove anni.
Se invece, il provvedimento di assegnazione della casa familiare viene trascritto presso la Conservatoria, prima dell'atto di vendita dell'immobile a terzi, il titolo di assegnazione può essere opposto anche oltre i nove anni.

Eufemia Fabbri
2025-06-09 02:42:20
Numero di risposte: 4
L’assegnazione della casa familiare è attribuita tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli.
La giurisprudenza ha dato una definizione abbastanza ampia di casa familiare, che include l’immobile, i mobili, gli arredi, i servizi e le pertinenze della stessa.
Il presupposto dell’assegnazione della casa familiare è in primo luogo il collocamento presso il coniuge dei figli.
Lo scopo dell’assegnazione non è quello di tutelare in sede di separazione giudiziale la posizione del coniuge debole, ma di tutelare l’interesse dei figli a vivere e crescere nell’ambiente in cui sono stati abituati a vivere.
L’assegnazione della casa familiare debba essere trascritta ai sensi dell’articolo 2643 del codice civile, per rendere opponibile a terzi il diritto dell’assegnatario, senza però renderlo un diritto reale.
Il diritto dell’assegnatario deve infatti essere considerato come diritto personale di godimento.
Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso in cui l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.
La ratio di questa disposizione è facilmente individuabile, in quanto una nuova convivenza, un abbandono della casa o un nuovo matrimonio non possono infatti che far venir meno i presupposti “di continuità” sottesi all’assegnazione.
L’habitat abitudinario della prole verrebbe meno e con esso viene meno la finalità della norma.
Un’altra ipotesi in cui può essere chiesta la revoca è la cessazione della convivenza da parte della prole con il genitore assegnatario.
Ad avviso della Cassazione tuttavia la cessazione della convivenza deve essere definitiva ed “irreversibile”.

Clara Moretti
2025-06-03 10:36:18
Numero di risposte: 6
L’assegnazione della casa familiare è il provvedimento adottato dal giudice in caso di separazione o divorzio dei coniugi volto ad assicurare ai figli la conservazione dello stesso ambiente domestico necessario a garantire nella quotidianità quei riferimenti affettivi utili e di sostegno ad una crescita serena.
All’art. 337 sexies cc infatti, viene sottolineato come il godimento della casa familiare è disposto tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli, ai quali deve essere assicurato il mantenimento dello stesso ambiente casalingo al fine di rendere meno traumatica la separazione dei genitori.
Considerato quindi, che il principio su cui si basa l’istituto dell’assegnazione della casa familiare è la protezione dell’interesse del minore, la giurisprudenza (Cass. Civ. 24254/2018) è ormai granitica nell’affermare che in assenza di figli il giudice non può disporre l’assegnazione dell’abitazione, nemmeno quando il coniuge più debole sia privo di una casa mentre l’altro sia proprietario di più immobili.
Al genitore collocatario dei figli, qualora sussistano i presupposti di legge, può essere assegnata la casa di proprietà dei suoceri concessa in prestito al figlio ed adibita ad abitazione familiare.
Il Giudice chiamato a pronunciarsi sulla separazione o divorzio dei coniugi può disporre l’assegnazione dell’abitazione familiare di proprietà di uno di questi al coniuge collocatario solo se il grado di conflittualità e litigiosità esistente tra i coniugi sia davvero molto lieve e solo qualora l’unità abitativa sia del tutto autonoma e distinta da quella destinata ad abitazione della famiglia ovvero sia agevolmente divisibile.
Una tale disposizione, che presuppone una seria e concordata organizzazione dei genitori, nel rispetto e nell’esercizio della responsabilità genitoriali di ciascuno può essere emessa solo se corrispondente al reale interesse dei minori ed alle loro esigenze di crescita ed essere idonea a consolidare l’habitat e le consuetudini di vita.

Isira Russo
2025-05-22 15:36:39
Numero di risposte: 5
L'assegnazione della casa familiare comporta che il genitore assegnatario ha diritto di abitarla insieme ai figli, nonostante la proprietà sia per intero o in parte dell'altro coniuge.
L'assegnazione non spetta ad un coniuge in quanto coniuge, ma soltanto in quanto genitore.
Dunque, l'assegnazione della casa viene disposta dal giudice soltanto se la coppia abbia figli minori o maggiorenni ma non autosufficienti.
La legge intende assicurare ai figli la conservazione dell'habitat domestico.
Per questa ragione, la casa segue il figlio.
L'assegnazione della casa familiare comporta che il genitore assegnatario ha diritto di abitarla insieme ai figli.
La casa segue il figlio.
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