Qual è la prova che deve essere fornita per esperire l'azione di rivendicazione?

Silvia Valentini
2025-06-27 08:12:10
Numero di risposte
: 8
L'azione di rivendicazione non si prescrive, salvi gli effetti dell'acquisto della proprietà da parte di altri per usucapione.
In conformità delle regole generali di cui all'art. 2697, quest'ultimo ha l'onere di dimostrare il suo diritto, per cui, se l'acquisto non è a titolo originario, deve dare la prova del suo titolo di acquisto e del titolo di acquisto dei precedenti titolari fino ad arrivare ad un acquisto a titolo originario.
A voler andare all'infinito, sembrerebbe una probatio diabolica, per cui soccorrono due istituti: per gli immobili, è sufficiente che l'attore, unendo al tempo per cui è durato il suo possesso, quelli dei suoi autori, provi il possesso continuato per venti anni ai sensi dell'art. 1158, che gli avrebbe comunque fatto acquistare la proprietà sulla cosa, mentre, per i beni mobili, basta che l'attore abbia, a suo tempo, ricevuto in buona fede ed in base ad un titolo idoneo al trasferimento della proprietà ex art. 1153 il possesso di quel bene, di cui ora lamenta di non avere il godimento.

Maruska Palmieri
2025-06-21 03:46:52
Numero di risposte
: 5
Occorre ricordare che il presupposto dell’azione di rivendicazione è la titolarità del bene da parte di chi propone l’azione. E’ dunque l’attore che propone l’azione di rivendicazione a dover dimostrare con qualsiasi mezzo di avere la titolarità a titolo originario del bene.
Il titolo di proprietà a titolo originario si ha quando il bene non ha un precedente proprietario o quando prevale sul diritto del precedente proprietario.
Bisogna dire tuttavia che la legge ammette la possibilità di proporre l’azione di rivendicazione anche a chi ha acquistato a titolo derivativo ma in questo caso, egli dovrà dimostrare la legittimità di tutti gli acquisti derivativi che si sono susseguiti fino ad arrivare all’acquisto originario del bene.
Il tribunale evidenziava che l’attore che propone una domanda di rivendicazione deve provare la sussistenza dell’asserita proprietà sulla cosa rivendicata, risalendo, anche attraverso i propri danti causa, fino ad un acquisto a titolo originario o dimostrando il compimento dell’usucapione.
L’attore non è, comunque, esonerato dall’onere di dimostrare il titolo in virtù del quale egli afferma essere proprietario del fondo oggetto di causa.
Ad avviso del Tribunale di Catania, la mancata produzione del titolo di proprietà indicato nell’atto introduttivo del giudizio, implica il rigetto della domanda di rivendicazione per mancanza di prova.
La prova non può desumersi né dalla relazione del C.T.U., né dal contratto preliminare stipulato tra le parti per scrittura privata non autenticata, né dai dati catastali prodotti dal convenuto.
In conclusione, nella domanda di rivendicazione il giudice deve innanzitutto verificare l’esistenza, la validità e la rilevanza del titolo dedotto dall’attore a fondamento della propria pretesa, e ciò a prescindere da qualsiasi eccezione del convenuto.
L’attore ha dunque l’onere di provare in qualsiasi caso la proprietà a titolo originario del bene immobile che intenda rivendicare, anche se il convenuto si oppone eccependo l’usucapione.

Liborio Neri
2025-06-16 00:45:32
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: 6
Il soggetto che agisce in rivendicazione ai sensi dell’art. 948 c.c. è sempre tenuto a fornire la piena prova della proprietà, dimostrando di aver acquistato il bene a titolo originario ovvero derivativo.
In tale ultimo caso, la prova che il rivendicante deve esibire è la c.d. probatio diabolica: egli è tenuto, cioè, a dimostrare la proprietà del bene ricostruendo la catena degli acquisti a partire dal proprio acquisto inter vivos o mortis causa sino a giungere ad un acquisto a titolo originario.
Il rigore della prova della proprietà che deve essere fornita dal rivendicante trova giustificazione nella fondamentale regola per cui nemo plus iuris ad alium transferre potest quam ipse habet.
Tanto chiarito, la Cassazione ammette però un’ipotesi in cui l’onus probandi del rivendicante è alleggerito, cioè il caso in cui il convenuto eccepisca l’usucapione riconoscendo che il rivendicante era proprietario del bene all’epoca in cui assume di avere iniziato a possedere.
In tal caso, infatti, l’usucapione eccepita non è in contrasto con la proprietà dell’attore.
Tale ammissione del convenuto, in particolare, potrà essere espressa, tacita o implicita, risultante dalla mancanza di specifiche contestazioni.

Gianni Sartori
2025-06-02 11:17:49
Numero di risposte
: 6
Di contro, l’azione petitoria si basa sull’affermazione dello ius possidendi e domanda la dimostrazione del diritto di proprietà, dello ius possidendi.
Lo scopo delle azioni possessorie è evidentemente quello di far rientrare il possessore nella disponibilità del bene mediante la dimostrazione della preesitente situazione di fatto, mentre l’azione di rivendicazione domanda al proprietario che vuole rivendicare, la dimostrazione del diritto di proprietà.
L’azione di rivendicazione punta così a ricongiungere il possesso alla proprietà.
Di contro, legittimato passivo sarà colui che è detentore o possessore attuale della cosa, ovvero colui che dispone della facultas restituendi.
Si ricorda che l’azione può anche essere diretta nei confronti del detentore che abbia ottenuto la consegna della cosa in base a un rapporto contrattuale dallo stesso richiedente / rivendicante, ove quest’ultimo, invece di avvalersi della cessazione del predetto rapporto e dell’obbligo di restituzione in esso compreso, intende invece conseguire il riconoscimento del suo diritto di proprietà e il recupero del possesso.
Insomma, come risulta già evidente, l’azione di rivendicazione può essere esercitata da colui che afferma di essere proprietario della cosa senza limite di tempo.
Per quanto attiene invece il carattere reale dell’azione di rivendicazione, tale deve intendersi come la possibilità di esercitare l’azione nei confronti di chiunque detenga o possegga il bene e sia in grado di restituirlo al proprietario.
L’azione di rivendicazione si distingue anche dall’azione di restituzione.
L’azione di rivendicazione è imprescrittibile e reale, l’esercizio di questa azione può dunque proseguire anche se dopo l’azione, il detentore o il possessore della cosa non è più tale perché ha cessato di possedere o di detenere la cosa.
Il proprietario può rivendicare la cosa da chiunque la possiede o detiene e può proseguire l’esercizio dell’azione anche se costui, dopo la domanda, ha cessato, per fatto proprio, di possedere o detenere la cosa.
Il proprietario, se consegue direttamente dal nuovo possessore o detentore la restituzione della cosa, è tenuto a restituire al precedente possessore o detentore la somma ricevuta in luogo di essa.
L’azione di rivendicazione non si prescrive, salvi gli effetti dell’acquisto della proprietà da parte di altri per usucapione.
Tale è la prova che deve fornire colui che agisce per questa strada.
Tale deve intendersi come la possibilità di esercitare l’azione nei confronti di chiunque detenga o possegga il bene e sia in grado di restituirlo al proprietario.
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