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Quanto dura un ordine di protezione contro gli abusi familiari?

Corrado D'angelo
Corrado D'angelo
2025-05-03 20:59:13
Numero di risposte: 4
Il decreto di concessione dell'ordine di protezione contro gli abusi familiari, posto che ha una durata temporanea che non può superare il limite massimo di sei mesi, prorogabile solo per gravi motivi, perde di efficacia qualora nel procedimento di separazione personale dei coniugi, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, siano pronunciati i provvedimenti provvisori previsti rispettivamente dall'articolo 708 cpc. e dall'articolo 4 della legge 898/70. È volto a tutelare non interessi individuali ma l'interesse sociale alla tranquillità delle famiglie.
Lina Monti
Lina Monti
2025-05-03 20:10:10
Numero di risposte: 8
Il decreto deve stabilire la durata temporale dell’ordine di protezione, la quale non potrà essere superiore ad un anno, salva la possibilità di proroga del termine, su richiesta di parte ovvero del pubblico ministero per l’ipotesi in cui vi siano minori. La proroga potrà essere concessa solo per il tempo strettamente necessario e solamente in presenza di gravi motivi. Il giudice pode disporre indagini patrimoniali anche per mezzo della polizia tributaria. Nella scelta della misura da adottare il giudice gode di potere discrezionale, il quale va esercitato bilanciando le esigenze del ricorrente con i diritti del soggetto che ha posto in essere i comportamenti abusanti. Tuttavia, nel caso in cui il soggetto abusante debba frequentare tali luoghi per esigenze lavorative, l’ordine non può prescrivere diverse modalità o limitare la frequentazione dei luoghi, non potendo le esigenze protettive prevalere su quelle lavorative. Il nucleo prescrittivo obbligatorio dell’ordine di protezione è costituito dall’ingiunzione di cessazione della condotta abusante. Si ritiene che, in considerazione della natura della misura in oggetto, atta a porre consistenti limitazioni alla libertà di movimento del soggetto, l’ ingiunzione di non avvicinamento debba espressamente e dettagliatamente indicare i luoghi temporaneamente vietati. Nel disporre la misura protettiva, il giudice può parimenti imporre il versamento periodico di un assegno in favore dei conviventi che, per effetto dell’adozione dei provvedimenti di tutela, rimangano privi di adeguati mezzi di sussistenza. Tale disposizione risponde all’ intento di evitare che le eventuali conseguenze economiche pregiudizievoli, discendenti dall’allontanamento dalla dimora familiare del soggetto abusante, possano costituire un ostacolo per la vittima, tanto da farla desistere dal promuovere il procedimento, nell’ ipotesi in cui il soggetto abusante sia, come spesse accade, l’unico soggetto in grado di sostentare economicamente la famiglia. Nella determinazione dell’’ importo del versamento il giudice può far riferimento al tenore di vita del nucleo familiare, valutando sia l’eventuale patrimonio comune delle parti che il patrimonio personale dell’obbligato, in ragione della precipua necessità di valutare l’eventuale stato di bisogno del beneficiario. Il riferimento alla casa familiare va inteso quale luogo in cui si svolge, con continuità e stabilità, la vita del nucleo familiare. Nello stesso ordine di protezione può anche essere inserito l’ordine di allontanamento dalla dimora familiare del soggetto che ha posto in essere la condotta pregiudizievole. Per effetto dell’adozione della misura in esame, al soggetto abusato viene dunque riconosciuto un diritto personale di godimento dell’ immobile. Nell’ ipotesi in cui l’autore della condotta abusiva sia titolare di diritto reale o personale di godimento dell’immobile, il provvedimento di allontanamento potrebbe rappresentare una sorta di misura anticipatoria dell’assegnazione dell’immobile. Nel provvedimento può essere disposto l’ intervento dei servizi sociali ovvero delle associazioni che abbiano come finalità statutaria il sostegno e l’accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di maltrattamenti e abusi. Tra le disposizioni che vengono definite “accessorie” vi è il divieto di avvicinamento del soggetto abusante ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima. Il divieto può anche riguardare le zone poste in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia. Si ritiene che, in considerazione della natura della misura in oggetto, atta a porre consistenti limitazioni alla libertà di movimento del soggetto, l’ ingiunzione di non avvicinamento debba espressamente e dettagliatamente indicare i luoghi temporaneamente vietati. Nel disporre la misura protettiva, il giudice può parimenti imporre il versamento periodico di un assegno in favore dei conviventi che, per effetto dell’adozione dei provvedimenti di tutela, rimangano privi di adeguati mezzi di sussistenza. Tale disposizione risponde all’ intento di evitare che le eventuali conseguenze economiche pregiudizievoli, discendenti dall’allontanamento dalla dimora familiare del soggetto abusante, possano costituire un ostacolo per la vittima, tanto da farla desistere dal promuovere il procedimento, nell’ ipotesi in cui il soggetto abusante sia, come spesse accade, l’unico soggetto in grado di sostentare economicamente la famiglia. Nell’ ipotesi in cui insorgano difficoltà o contestazioni circa l’esecuzione dell’ordine, il giudice provvede con decreto all’emanazione dei provvedimenti più opportuni per l’esecuzione, disponendo l’eventuale ausilio della forza pubblica o dell’ufficiale sanitario. Nella nozione di difficoltà vi si debbono far rientrare tutte le fattispecie di contrasto, in fatto ed in diritto, che nel corso del procedimento possono insorgere in merito all’esercizio dei poteri dell’ufficio esecutivo.