Quando si può richiedere l'allontanamento di qualcuno?

Vincenzo Grassi
2025-05-30 22:05:26
Numero di risposte: 8
Il divieto di avvicinamento è una misura cautelare che viene emanata dal giudice allorquando ricorrano determinate condizioni, e cioè: si proceda per determinati delitti; vi sia un concreto pericolo per l’incolumità della persona offesa.
Dunque, anche se si è solamente durante la fase delle indagini e ancora non si è stabilita la colpevolezza o meno dell’indagato, il giudice può ordinargli di non avvicinarsi alla persona che lo ha denunciato.
È bene ribadire che il divieto di avvicinamento è stabilito solamente dal giudice: a riguardo non può decidere il magistrato del pubblico ministero né la persona che sporge denuncia.
Se vuoi denunciare una persona e ottenere che a questa venga impedito di avvicinarsi a te, occorre che la denuncia abbia ad oggetto un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni.
Ma non solo: come ricordato nel primo paragrafo, oltre al ricorrere di determinati reati occorre anche che il giudice ritenga fondamentale la misura cautelare per preservare l’incolumità della vittima.
All’interno della denuncia potrai sicuramente chiedere alle autorità di disporre il divieto di avvicinamento ma, come più volte ricordato nel corso di questo articolo, sarà solo e soltanto il giudice a decidere: in pratica, il denunciante non ha il potere di ottenere il divieto di avvicinamento in base alla sola sua volontà.

Ursula Rizzi
2025-05-25 13:47:22
Numero di risposte: 4
Si tratta di una misura cautelare che il giudice può applicare, sia in sede penale che in sede civilistica, a tutela di persone facenti parte della famiglia, se vittime di violenze o abusi comportanti grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà.
L’applicazione della misura in sede penale presuppone l’avvio di indagini per delitti corrispondenti, indagini che normalmente dovranno essere precedute da denuncia sporta all’autorità competente dalla vittima o da altra persona informata sui fatti.
In sede civilistica la misura può essere richiesta dalla vittima, se maggiorenne, nei confronti del coniuge o di un convivente o di altro componente del nucleo familiare adulto, se autore del comportamento pregiudizievole.
La durata dell’ordine di protezione non può essere superiore ad un anno, salvo la proroga, che va richiesta, in caso del perdurare dei gravi motivi, con apposita istanza, da presentarsi prima della scadenza del termine prefissato dal giudice.
Presupposti per l’applicazione degli ordini di protezione, sono la convivenza tra la vittima ed il soggetto cui viene addebitato il comportamento violento, i quali devono vivere all’interno della medesima casa ed una condotta gravemente pregiudizievole all’integrità fisica e/o morale della vittima.
Il requisito della convivenza sussiste anche quando vi sia stato l’allontanamento, provocato dal timore di subire violenza fisica del congiunto, mantenendo nell’abitazione familiare il centro degli interessi materiali ed affettivi.
La circostanza in parola si basa sulla esistenza di fatti violenti dai quali siano derivate non insignificanti lesioni alla persona, ovvero di una situazione di conflittualità tale da poter prevedibilmente dare adito al rischio concreto ed attuale, per uno dei familiari conviventi, di subire violenze gravi dagli altri.
Autore delle condotte pregiudizievoli può essere sia un coniuge o convivente more uxorio nei confronti dell’altro, sia il genitore verso i figli che questi ultimi verso i genitori.

Veronica Martinelli
2025-05-13 17:18:00
Numero di risposte: 8
Può rivolgersi con ricorso al tribunale del luogo di propria residenza o domicilio e chiedere un provvedimento di allontanamento della persona che ha posto in essere la condotta violenta.
I comportamenti per i quali si può chiedere l’intervento del giudice non sono stati stabiliti tassativamente proprio per permettere una maggiore flessibilità dell’istituto.
Vi rientrano quindi vari tipi di condotta: l’aggressione all’incolumità fisica, la violenza morale e psicologica, le costrizioni, le minacce, i maltrattamenti, gli abusi sessuali, la privazione e la menomazione della libertà di movimento e di determinazione.
Il presupposto è che tra la vittima e l’aggressore vi sia stabile convivenza.
Un altro presupposto è l’esistenza di un pregiudizio grave all’integrità fisica, morale o alla libertà personale.
L’ordine di protezione è teso alla tutela dell’adulto, vittima di abuso nell’ambito familiare.
Quindi può essere pronunciato nei confronti del coniuge ma anche del convivente more uxorio.
Può essere allontanato un figlio.
In giurisprudenza esistono casi nei quali tale misura è stata applicata anche nei confronti del figlio convivente.

Domingo Pellegrino
2025-05-05 02:55:17
Numero di risposte: 8
Occorre che le condotte violente siano causa di un pregiudizio grave o di un rischio di pregiudizio grave.
Potrebbe essere sufficiente anche un episodio isolato, purchè, appunto, sia tale da compromettere gravemente la tua integrità fisica o morale o la tua libertà.
Spetterà al tuo avvocato di fiducia e quindi al giudice valutare la gravità della situazione.
Il giudice valuta innanzitutto la credibilità della tua domanda.
Dunque, spetta al tuo avvocato preparare il ricorso nel modo più circostanziato possibile.
E se riterrà che la situazione sia credibile e grave, emetterà subito l’ordine di protezione.

Oretta Pellegrino
2025-05-05 02:28:46
Numero di risposte: 6
Il giudice civile, grazie ad un procedimento appositamente introdotto nell’anno 2001, ha facoltà di tutelare il familiare convivente vittima di violenza dalla condotta pregiudizievole dell’altro qualora si è in presenza di un grave pregiudizio all’integrità fisica o morale o alla libertà del primo. Si tratta dei c.d. ordini di protezione contro gli abusi familiari che il giudice può emettere nei confronti del convivente violento. Gli ordini di protezione hanno lo scopo principale di allontanare il coniuge/compagno violento dalla casa familiare, e possono essere emessi, secondo giurisprudenza costante, anche a convivenza già cessata, proprio per garantire l’effettiva tutela del convivente maltrattato e ripristinare la sua sfera di libertà, già profondamente compromessa. L’art. 342-bis c.c. prevede che il giudice civile, su ricorso di una parte in via autonoma o contestualmente alla domanda di separazione/divorzio o di regolamentazione della fine della convivenza tra genitori non coniugati, possa adottare con decreto uno o più dei provvedimenti di cui al successivo art. 342-ter c.c. qualora la condotta del coniuge o di un altro convivente sia di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale o alla libertà dell’altro coniuge o convivente. Il giudice, infatti, su ricorso della vittima, ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l’allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole. Nonostante l’allontanamento volontario dalla casa familiare del coniuge abusato, in attesa della definizione del procedimento, resta impregiudicato nel medesimo l’interesse all’ottenimento dell’invocato ordine di protezione. Secondo la giurisprudenza, per richiedere una siffatta misura è sufficiente che la condotta dell’abusante integri uno solo degli eventi descritti all’art. 342 ter c.c.
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