Come allontanare legalmente una persona?

Lisa Benedetti
2025-05-05 02:03:43
Numero di risposte: 6
Il giudice civile ha facoltà di tutelare il familiare convivente vittima di violenza dalla condotta pregiudizievole dell’altro qualora si è in presenza di un grave pregiudizio all’integrità fisica o morale o alla libertà del primo.
Gli ordini di protezione hanno lo scopo principale di allontanare il coniuge/compagno violento dalla casa familiare, e possono essere emessi anche a convivenza già cessata, proprio per garantire l’effettiva tutela del convivente maltrattato e ripristinare la sua sfera di libertà, già profondamente compromessa.
Il giudice, infatti, su ricorso della vittima, ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l’allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole.
Cessare la condotta pregiudizievole, allontanarlo dalla casa familiare e, se occorre, da luoghi specificatamente individuati abitualmente frequentati dalla vittima.
Il termine massimo di durata di tale protezione non può essere superiore a un anno che decorre dal giorno dell’avvenuta esecuzione dell’ordine di protezione, termine che può essere prorogato anche oltre il termine massimo di un anno, ma solo per il tempo strettamente necessario e qualora ricorrano gravi motivi.
Il provvedimento di cui sopra, che assume la veste di un decreto, può essere assunto dal Tribunale inaudita altera parte, che significa immediatamente sulla mera proposizione del ricorso della vittima qualora vi siano elementi d’urgenza tale da ritenere che una rituale istaurazione del contraddittorio potrebbe arrecare maggior pregiudizio alla ricorrente.

Ugo Sorrentino
2025-05-05 02:02:21
Numero di risposte: 3
Può rivolgersi con ricorso al tribunale del luogo di propria residenza o domicilio e chiedere un provvedimento di allontanamento della persona che ha posto in essere la condotta violenta.
Se ricorrono i presupposti, il giudice emette un ordine di protezione ed ordina al coniuge, al convivente o al familiare la cessazione della condotta violenta ed il suo allontanamento dall’abitazione.
Può anche prescrivere, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona che ha chiesto la misura di protezione.
Nel decreto con il quale pronuncia l’ordine di protezione, il giudice indica le modalità per la sua attuazione.
Può disporre i provvedimenti più opportuni tra i quali, anche, l’ausilio della forza pubblica e dell’ufficiale sanitario.

Jacopo Ferrari
2025-05-05 00:10:12
Numero di risposte: 4
Può presentare denuncia - querela per i relativi fatti che ha indicato chiedendo l'applicazione di una misura cautelare come il divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla persona offesa, il divieto di dimora nel relativo comune, gli arresti domiciliari.
I fatti da lei narrati configurano una grave condotta da parte del soggetto in questione, per cui lei può depositare denuncia - querela chiedendo che venga applicato nei confronti del soggetto il divieto di avvicinarsi a lei ed ai luoghi da lei frequentata.
Le consiglio di rivolgersi alle Forze dell'Ordine.

Deborah Greco
2025-05-04 23:15:48
Numero di risposte: 4
Al fine di tutelare le ragioni del proprietario dell’immobile adibito a casa coniugale, è possibile esperire l’azione di rilascio o di restituzione del bene immobile che ha natura personale.
L’azione viene utilizzata proprio per conseguire la riconsegna del bene da parte di chi, come il convivente, si trova nella materiale disponibilità del bene in assenza di un idoneo titolo legittimante.
Per tale azione troverà applicazione il rito speciale di cui all’art. 447- bis c.p.c.
Secondo le motivazioni della Cassazione il convivente (ed a maggior ragione il coniuge dopo la udienza Presidenziale) in detta sede potrebbe ottenere il c.d. termine di grazia (in genere di 90 giorni), ovvero, una proroga del rilascio che gli consenta di trovare altro alloggio.
La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 7214-2013 ha statuito, pertanto, che non è consentito al convivente proprietario di ricorrere alle vie di fatto per estromettere l’altro coniuge o convivente dall’abitazione, perché il canone della buona fede e della correttezza, dettato a protezione dei soggetti più esposti e delle situazioni di affidamento, impone al legittimo titolare che, cessata la convivenza matrimoniale o la convivenza di fatto, intenda recuperare, com’è suo diritto, l’esclusiva disponibilità dell’immobile, di avvisare il partner e di concedergli un congruo termine per reperire altra sistemazione abitativa.
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